Commento al Vangelo del 21otobre 2018.
Qualche settimana fa abbiamo ascoltato il Signore che annunciava ai discepoli la sua morte e risurrezione: il mistero di un amore disposto a tutto, anche a manifestarsi nella sofferenza e nella morte, per affermare la sua forza nella risurrezione. E abbiamo riscontrato la incomprensione dei discepoli: Pietro che non ci sta, gli altri che discutono su chi è il più forte…
In questa domenica ascoltiamo di nuovo le conseguenze del terzo annuncio che Gesù fa della sua passione (Mc 10,35-45). Anche questa volta c’è immediatamente la reazione di incomprensione: invece di mettersi in sintonia con l’umiltà del Signore, Giovanni e Giacomo pretendono il potere. E si rivolgono a Lui con una certa arroganza: «Vogliamo che tu faccia quel che chiederemo!»
Ma Gesù continua ad essere educatore paziente e ne approfitta per aprire di nuovo il suo cuore, svelando i suoi pensieri più profondi. Anzitutto ci dice il suo riferimento fondamentale: il Padre. Gesù non pretende nulla, non chiede nulla: è tutto e serenamente aperto a ciò che decide il Padre. E si fida del Padre.
È disposto a «bere il calice» e ad «essere battezzato», cioè ad affrontare con determinazione l’esperienza imminente di dolore e di sofferenza che lo aspetta. Perché così vuole il Padre: che il Figlio faccia vedere l’amore che arriva fino nelle ferite più sanguinanti dell’umanità; che il Figlio s’avvicini infinitamente a chi è nella passione e nella morte; che l’amore della Trinità raggiunga i punti più bassi della esistenza degli uomini. E che il Figlio risollevi i figli del Padre con il dono della risurrezione, cioè di una vita/amore che non finisce più.
Ancora, Gesù allarga il discorso, aprendo di più il suo cuore e svelando i suoi pensieri più profondi. Ci svela cosa pensa di se stesso: «il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». È questo il suo criterio di fondo, il tratto essenziale della sua identità. Essere servo. Semplicemente servo, gioiosamente servo! Eppure avrebbe tutto il diritto di farsi servire! Ma parte sempre per primo lui, in nome del Padre. Sarebbe interessante meditare sui modi in cui oggi il Signore è al nostro servizio e accoglierlo quotidianamente nella ricchezza della sua dedizione a noi: ci ricrea ogni giorno, ci parla, si fa mangiare, ci perdona, ci mette nella Chiesa, ci circonda di persone che ci vogliono bene…
Per accorgerci della sua meravigliosa presenza di servizio, bisogna però tirare via le fette di prosciutto dai nostri occhi: accecati di orgoglio e di vanagloria, di desiderio di potere e di possedere. Dominio e oppressione sono i criteri dei governanti e dei capi delle nazioni. E non solo: vediamo che pure la nostra vita è tentata di muoversi su queste coordinate che azzerano la bontà e la solidarietà, creando danni immensi a tutti i livelli.
Ma una volta che riconosciamo Lui che è il nostro servo e scommettiamo sul suo stile, allora le cose cambiano e ci mettiamo nel fermento evangelico di un mondo nuovo. Dobbiamo diventare specialisti di questo coraggio, che scaccia veramente le paure e le logiche di morte in cui siamo immersi. Dobbiamo vivere il servizio come logica che pervade tutta la nostra vita. Alle volte rischiamo di pensare che il servizio si viva solo in alcune esperienze particolari di ‘volontariato’ in parrocchia o altrove… ma non è così! Tutto dev’essere per il servizio: mangiare e bere, dedicarsi agli amici e al lavoro, studiare e fare le vacanze, dormire e tenersi in salute, educare i figli e insegnare ai giovani, impegnarsi responsabilmente per una società civile più giusta e umana, pregare e meditare la Parola…
Oggi in parrocchia conosciamo una esperienza che il Signore ha suscitato nella Chiesa (a Torino) proprio su queste coordinate profetiche del servizio. Il Sermig (Servizio missionario giovani) è una Fraternità della Speranza, fatta di uomini e donne che hanno scommesso sul Signore e sul servizio, dando vita, passo dopo passo, ad una realtà fermento della pace e di aiuto ai poveri impressionante: una fabbrica di armi è diventata un Arsenale della pace… Alcuni giovani della nostra parrocchia l’hanno vista da vicino, la scorsa estate, rimanendo stupiti e increduli di cosa possa succedere quando ci si fida semplicemente del Signore…