Commento al Vangelo del 7 ottobre 2018.
Gesù si sta muovendo. Esce dalla Galilea e si dirige piano piano verso Gerusalemme, dove sappiamo che cosa succederà… Entrato nella regione della Giudea continua ad insegnare, instancabilmente. E i farisei, indispettiti per il suo insegnamento che suscita così tanto interesse nella gente, cercano di metterlo in crisi, di screditarlo (Mc 10,2-16). Gli sottopongono la questione del ripudio: «È lecito a un marito ripudiare la propria moglie?». All’epoca era pacifico che si potesse fare; si discuteva più che altro sui motivi e c’erano scuole diverse: i più rigoristi richiedevano motivi gravi, per altri erano sufficienti motivi più superficiali. Ci mettiamo anche noi in ascolto di Gesù, curiosi di capire come conduce il discorso e quali contenuti vuole proporci, perché la questione è molto importante anche ai nostri tempi. È in ballo non solo la questione del valore del matrimonio, ma anche il modo di ragionare, da cristiani, in tutti gli ambiti della morale.
Gesù sposta l’attenzione da ‘ciò che è permesso’ a ‘ciò che Mosè ha ordinato’. La riflessione più importante che si deve fare per affrontare le questioni della vita non riguarda anzitutto le eccezioni negative permesse dalla legge (‘ciò che è permesso’), ma i grandi valori positivi che Dio ha indicato nella sua rivelazione per la realizzazione piena della persona umana, in questo caso nella esperienza sponsale.
Proprio pensando al grande valore del matrimonio nella rivelazione Gesù spiega la concessione provvisoria di Mosè (Dt 24,1: il marito poteva mandar via la moglie scrivendo un atto di ripudio; era una norma in qualche modo a difesa della donna che poteva così risposarsi e non essere considerata una prostituta): la ‘durezza del cuore’ rende difficile realizzare l’amore sponsale. Questa durezza del cuore è fatta di tante cose, che tutti sperimentiamo: la fragilità, l’incostanza, l’orgoglio, l’egoismo, la paura… tutte cose che impediscono al ‘cuore’ di vivere un amore autentico di dono di sé agli altri, in particolare all’altro o all’altra nella esperienza del matrimonio.
Di fronte alla durezza del cuore che fa Gesù? Certamente non si arrende come Mosè limitandosi a regolamentare le divisioni in modo che non provochino troppi danni. Non si limita al piano legale della normativa morale, come vorrebbero i farisei. Gesù vola in alto e fa volare in alto, sapendo di essere il Figlio di Dio che viene a guarire il cuore degli uomini, a dar loro lo Spirito che crea un cuore nuovo, un cuore mite e umile come il suo, un cuore capace di amare, secondo la promessa dei profeti (Ezechiele 36,26-27: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne»). Gesù sa benissimo che, senza l’aiuto di Dio, il cuore dell’uomo diventa duro come un sasso.
E rilancia, Gesù, il progetto originario di Dio, spostando lo sguardo tanto in alto che più alto non si può: richiamando i racconti della creazione, più che andare indietro nel tempo il Signore vuole rispiegarci come siamo fatti e per che cosa siamo fatti. Creati ad immagine e somiglianza di Dio che è comunione di persone, anche noi siamo fatti per la comunione: con Lui e tra di noi. E l’esperienza degli sposi è l’espressione umanamente più alta di questa comunione nella quale l’uomo e la donna possono essere talmente uniti da ‘diventare una carne sola’. Questo è quel che accade quando due si sposano ‘in chiesa’: accolgono un progetto sconvolgente di Dio che ‘congiunge’ (letteralmente: ‘mette sotto lo stesso giogo’) lo sposo e la sposa perché è convinto che, con il suo aiuto, possono camminare verso (‘diventare’) una unità sempre più grande e profonda, affrontando, assieme al Figlio crocifisso e risorto, tutte le inevitabili difficoltà e fragilità che fanno parte della vita.
Al fondo di ogni riflessione e di ogni scelta ci dev’essere questa alta prospettiva, la prospettiva del Regno di Dio, il desiderio del Regno, cioè di lasciarsi ri-creare dal Signore. E per questo, dice Gesù, bisogna essere come i bambini e accogliere la sua proposta come fa un bambino con gli insegnamenti della mamma e del papà. È una scelta forte e libera di amore e di fiducia nel Signore, il cui amore integrale per ogni persona è rimasto fedele anche nel momento del più grande tradimento e della più grande solitudine nella morte di croce, riaprendo a tutti, nell’esperienza dei propri fallimenti, la possibilità di un amore autentico.