Campo giovani a Napoli. Quarto giorno

10 agosto.

Sull’Asse mediano e sull’autostrada A1 ci si muove sempre bene. Non ci mettiamo molto ad arrivare a Pompei ovest: l’uscita che porta alla zona archeologica forse più famosa del mondo. Già pochi minuti in coda per i biglietti t’immergono nel gruppo cosmopolita dei visitatori di questo posto stranissimo, dove l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. ha paradossalmente congelato la vita di una intera comunità cittadina. Decidiamo un itinerario approssimativo: non si può veder tutto. Si parte dalla grande basilica e dal foro. Leggendo la guida e le pietre s’imparano tante cose sulla vita civile, economica e religiosa dell’epoca romana. Accanto al foro un edificio mostra, tra le inferriate, gli impressionanti calchi dei corpi che erano stati imprigionati nelle polveri vulcaniche. L’osservazione archeologica non può rimanere fredda e distaccata. Anche in altri punti dell’antica città sono mostrate queste testimonianze del momento drammatico in un cui la catastrofe inattesa nelle sue proporzioni ha contorto la vita di uomini e donne che nell’ultimo atto si sono abbracciati, hanno stretto a sè le cose più care, hanno pregato o gridato dal dolore.

La lunga visita continua con una curiosità crescente, da settore a settore, da casa a casa, tra la realtà di ciò che è rimasto e la fantasia che ricostruisce ambienti e situazioni di vita quotidiana, coglie la finezza costruttiva, la bellezza artistica dei decori, la regolarità intelligente del tessuto urbano cittadino. Lo sguardo quasi non si sazia, come la sete sotto il sole cocente, tra le vie lastricate di pietre consumate dalle ruote dei carri.

Dopo il teatro piccolo e quello grande, ripassando per il foro, ci dirigiamo all’ultima tappa della nostra visita, la Casa dei misteri, che è ai margini dell’abitato, con il suo ciclo meraviglioso di affreschi: sullo sfondo rosso pompeiano raffigurano forme che diresti dipinte secoli dopo Giotto.

Per pranzare troviamo un comodo supermercato che ha anche i tavolini, all’ombra. Ce la caviamo con poca spesa, e siamo già vicini al Santuario della Beata Vergine del Rosario, tappa del nostro programma pomeridiano: un tempo di silenzio e di meditazione. Quando entriamo però una voce sta recitando il Rosario. Riflettiamo un poco sull’amore ai nemici, sulla paternità di Dio, sulla nostra vocazione ad essere ‘perfetti come il Padre’, fondamento di ogni impegno di pace e di giustizia nel mondo. Per la Messa ci riservano inaspettatamente una cappella all’interno del complesso del Santuario. La viviamo in modo raccolto, lasciando che il Signore alimenti la comunione con Lui e tra di noi.

Il viaggio continua: direzione Sorrento, dove vogliamo passare la serata. Sulla litoranea cerchiamo e troviamo una spiaggia libera per un tuffo rigenerante, ‘stavolta a Vico Equense, un bel borgo arroccato sulle scogliere di tufo della costa sorrentina. Bisogna far presto: l’unico parcheggio vicino alla spiaggia chiude alle sette. Riprendendo la strada per Sorrento il sole si sta adagiando nel mare inondato di luce.

Nella città turistica passeggiamo tranquillamente, tra le viuzze strette e regolari, a tratti invase le bancarelle di limoni e coralli. La ricerca di un ristorantino ha finalmente il suo esito nel porticciolo dove si scende per antiche strade del borgo. Stasera cena di pesce gustosissimo. Si finisce tardino. La colonna sonora di ritorno sono Zucchero e Ligabue, liberamente interpretati.