9 agosto.
Ad Aversa s’arriva in fretta. Il navigatore ci guida nel reticolo delle viuzze fino all’area dell’ex manicomio, una enorme struttura in gran parte degradata. Sul retro c’è l’ingresso della Fattoria Fuori di Zucca. Tra i campi regolari e ampi spazi verdi ordinati e ombrosi di noci ed eucalipti c’è la sede dove siamo attesi e accolti con simpatia. Dopo un caffè ci sediamo in una saletta attorno a Pasquale, uno dei fondatori e responsabili della Fattoria sociale. Ci racconta tante cose, con semplicità e pacatezza, questo educatore che negli anni novanta con alcuni amici e colleghi ha provato a mettere in piedi qualcosa per aiutare le persone con dipendenze e i carcerati a reinserirsi. Molte cose hanno imparato sul campo, rendendosi conto che bisogna studiare, non basta la buona volontà.
Dopo una sere di tentativi, è venuta fuori la formula della Fattoria sociale, dentro alla struttura di questo ex manicomio, affittato dall’ASL.
Bisogna – ci dice – fare qualcosa per le persone e insieme fare qualcosa per il territorio in cui le persone vivono. La Fattoria propone percorsi di educazione al lavoro: la capacità di lavorare, infatti, è da coltivare, come quella di amare. Vivere bene il lavoro migliora la qualità della vita. Alcuni dei giovani aiutati nei primi tempi ora hanno incarichi di responsabilità. Perché l’agricoltura? Perchè ha una grande valenza educativa per chi vuole tutto e subito e pretende gestire tutto.
Qui si fanno attività con i ragazzi e le scuole, per una educazione ai valori civili, per la riscoperta delle radici culturali e tradizionali.
La Fattoria è inserita in una rete: la Nuova Cooperazione Organizzata (NCO). Occhio alle parole: NCO era la sigla della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo. Da soli non si va da nessuna parte per lottare contro il fenomeno della criminalità organizzata. E bisogna convincersi che ‘siamo in ritardo ma siamo ancora in tempo’.
Una merenda con pane e marmellata di mela annurca e poi si passeggia con Pasquale nella fattoria, tra l’aia, i campi, il giardino della memoria. Concludiamo la visita con gli acquisti nella bottega: buon vino, pasta, sughi, confezioni di verdure sott’olio… Facciamo anche noi, in qualche modo, ‘un pacco alla Camorra’, come dicono le confezioni regalo proposte dalla Fattoria con i loro prodotti.
Rientrati a Giugliano ci facciamo una pastasciutta con i prodotti appena acquistati. Un riposino, la Messa nella cappellina della chiesa parrocchiale e via in pulmino alla volta di Caserta. La meta è la famosa Reggia. Visitiamo prima l’enorme parco: si va in bicicletta, perché il tempo è poco e il parco è enorme. Fiancheggiando le vasche digradanti e le fontane che le alimentano, attorniati dai prati ben curati delimitati dalle zone boscose, si sale fino alla cascata che riempie la fontana di Diana e Atteone. Una sosta rinfrescante per un po’ di foto e poi giù per tornare alla reggia, chè l’ora si fa tarda. Dopo il parco gli appartamenti reali. Passeggiamo nelle sontuose stanze di questa struttura gigantesca, che quasi disorienta per le sue proporzioni sia all’esterno che all’interno. Un altro mondo, la vita di corte.
Per la serata seguiamo il consiglio di Salvatore: Casertavecchia. Ci arriviamo al tramonto, salendo sulla collina che ospita questo borgo medievale a nord della piana di Napoli, avvolta ancora nella foschia e adagiata sotto un cielo dipinto dalle sfumature calde del sole che s’è appena nascosto. Sulla terrazza di un ristorante vediamo calare la notte. S’accendono pian piano le stelle in alto e le luci del panorama in basso, mentre ceniamo con squisite specialità del territorio. Una passeggiata nel magnifico borgo, tra le case e le chiese di tufo, ci fa scoprire il gioiello del duomo ducentesco, con la sua struttura romanica lineare e slanciata, nella penombra della notte.
In un’oretta si torna a Giugliano…