11 luglio
Siamo già a metà del campo. Ormai qui ci si sente di casa: ci si muove bene nell’articolato complesso dell’Arsenale, conosciamo Veronica, Mattia, Ernesto, Gianni, Marco, Alberto… Abbiamo lavorato con loro. Pregato con loro. Riflettuto con loro.
Nella preghiera del mattino siamo stati coinvolti per drammatizzare la parabola del buon samaritano, che rappresenta nella testa di Gesù tutti i derelitti della terra. Un video accattivante mostrava i dati dell’ONU: due milioni e mezzo di sfruttati sessualmente, 771 milioni di analfabeti, 70 mila bambini soldato, 800 mila schiavi nelle fabbriche del sud del mondo, un miliardo di persone senza cure mediche, 800 milioni di persone senza cibo e centomila morti ogni giorno. «E io dove sono?» è stata la domanda che ha accompagnato la giornata, scritta su un braccialetto donato a tutti. Potrei essere come il levita o il sacerdote che passano oltre. O un giovane che sta in poltrona e non ne vuole sapere. Oppure un giovane che comincia ad informarsi… E che prende decisioni, nel suo piccolo.
Decisione di mettersi al servizio. Lo abbiamo fatto ancora, stamattina, smistando abiti, dando una mano a chi sta imparando l’italiano o ai ragazzi che fanno i compiti.
Nel pomeriggio il laboratorio di formazione è stato la visione di un film fatto molto bene. Non distribuito nelle sale italiane, Trade (di M. Kreuzpaintner, 2007) è un film ci porta dentro all’orrore, porgendocelo dalla doppia prospettiva di chi lo subisce sulla propria pelle e di chi si impegna strenuamente per farlo cessare. In questo modo ci svela i raffinati meccanismi di un’organizzazione internazionale a struttura capillare che, ogni anno, riesce ad immettere nel mercato della prostituzione statunitense dalle 50.000 alle 100.000 persone, di cui molte minorenni, tutte rapite, segregate, deportate. Ai molti che stanno dietro questo mostruoso ingranaggio, corrispondono, sul versante opposto, i pochi che hanno il problema veramente a cuore, e non temono di mettere a repentaglio la propria vita pur di strappare anche una sola anima a quell’innominabile inferno.
Un pugno nello stomaco. Ci avevano avvisato… Dopo un po’ di dibattito per gruppi, si passa ad altro: ci sono le prove per la preghiera di domattina. Poi la Messa, cui alcuni si fermano, e i Vespri per tutti, assieme alla Fraternità.
La cena è molto particolare. Qui la chiamano ‘cena dei popoli’. Prima del buon appetito una lunghissima introduzione sulla realtà della distribuzione della ricchezza nel mondo. I centotrenta presenti, cui è stata data una carta d’identità di qualcuno sparso sulla faccia della terra, prendono posto per mangiare, nell’Auditorium. Solo due sono al tavolo degli straricchi. L’un per cento della popolazione mondiale che si gode la metà della ricchezza. Via via si siedono gli altri: una decina a tavola, gli altri tutti per terra, con un chucchiaino di riso nel piatto…Mattia spiega il ‘ragionamento’, che è in realtà molto semplice e ovvio. Non è semplice né ovvio invece iniziare proprio a ragionare su queste cose. Se si inizia a farlo, si cambia se stessi, si condivide il sogno con altri, e si fa qualche passo di speranza per una umanità nuova. La situazione sembra schiacciante. E irreversibile. Quancuno dice che non ci sta.