Commento al Vangelo del 10 giugno 2108.
Il brano evangelico secondo Marco di questa domenica presenta due tematiche intrecciate tra loro e nate dalle dure accuse mosse nei confronti di Gesù: l’essere divenuto pazzo e il comportarsi come strumento del demonio. Intorno a questi gravi capi d’imputazione cogliamo i due importanti insegnamenti riguardanti i tratti della vera famiglia del Figlio di Dio e la sua missione di porre fine al regno di Satana. La prima insinuazione, espressa dai parenti, è motivata dalle dicerie diffuse intorno a Gesù, dicevano infatti: «è fuori di sé». I suoi familiari non ci stanno, decidono di uscire fuori dalla casa nella quale si trova il loro illustre familiare, scelgono di rompere la comunione simboleggiata dal luogo domestico, vogliono impadronirsi del Figlio di Dio, sottraendolo alla missione affidatagli dal Padre. Essi lo considerano fuori di senno per la sua eccessiva dedizione verso la folla pressante; cercano di fargli cambiare mentalità, inculcandogli la loro. C’è poi l’attacco da parte degli scribi scesi da Gerusalemme, essi puntano il dito contro Gesù di Nazareth, per loro un posseduto che «scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». Il Figlio di Dio, nel rispondere loro, denuncia la cecità nei confronti delle opere da lui compiute, finalizzate a vincere il male e non viceversa. Gesù, nel suo discorso, descrive ciò a cui sempre ha mirato, ossia liberare l’uomo da ogni giogo e schiavitù, per donargli la libertà esclusa nel regno di Satana. È chiaro Gesù nel suo argomentare: chi chiude gli occhi dinanzi alle opere di Dio, chi nega l’evidenza travisandone il significato, non sarà perdonato. La bestemmia contro lo Spirito Santo è la chiusura che l’uomo esprime verso l’azione di Dio, identificando il tal modo lo Spirito con il maligno. Dietro questa forte presa di posizione, c’è la condanna alla cosciente sfida che l’uomo, attraverso il proprio agire, può rivolgere a Dio, rifiutando ciò che lo Spirito evidenzia nelle parole e nelle opere del Figlio. L’idolatria, il puntare a crearsi un Dio a propria immagine e somiglianza per salvaguardare la propria volontà e non quella del Padre, è per l’uomo l’avvio della deriva denunciata da Gesù. Qui ci si collega all’ultimo passaggio del Vangelo, legato a quello iniziale, scaturito dalle obiezioni mosse dai parenti. «Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» dice il Signore Gesù, indicando l’autentico criterio per “entrare” e far parte della sua famiglia. C’è dunque chi “esce”, non accettando l’identità del Figlio di Dio, rigettando le sue opere, e chi invece “entra” nella nuova famiglia di Gesù, in cui i criteri di appartenenza non dipendono dai legami sanguigni, ma si fondano sull’accogliere il suo stile di vita, lasciandosi educare da esso.