Commento al Vangelo del 29 aprile 2018.
Per continuare in questo tempo pasquale la nostra contemplazione del Signore risorto e di che cosa significa la nostra vita con lui, ci è offerta l’immagine bellissima della vite (Gv 15,1-8). Anche se non tutti siamo abituati a vedere questa pianta, e il lavoro premuroso del contadino che la cura, possiamo intuire bene quello che il Signore ci vuole dire.
Un primo aspetto è che la vite è fatta per portare frutto: grappoli d’uva dolcissima, buona da mangiare, buona da trasformare in vino gustoso. Quando il risorto pensa a noi, ci vede così: come persone che sono fatte per portare frutto, certamente nella carità. Persone che trovano il senso della loro esistenza nell’essere arricchimento per gli altri. Persone fatte per amare. In realtà lo avvertiamo tutti che questo è vero, e che ci dà profonda felicità essere di aiuto per chi ci sta vicino, sentirci preziosi e utili, sperimentare che qualcuno apprezza quel che facciamo. Il rischio che possiamo correre, a questo proposito, è duplice: da una parte mettere in secondo piano questa verità e chiuderci egoisticamente nella ricerca del nostro comodo più che quello degli altri, perché è faticoso. Dall’altra parte potremmo considerare il portare frutto in modo orgoglioso, con la vanagloriosa pretesa del ringraziamento o dell’essere per forza riconosciuti.
Essere persone veramente fruttuose nella libertà (ecco un secondo aspetto) richiede una educazione e una disciplina del nostro animo. Bisogna pensare al contadino che pota a suo tempo la vite, scegliendo accuratamente i tralci e legandoli con attenzione: solo questo paziente lavoro permette alla vite di portare frutto abbondante. Il Padre vuole fare proprio questo: potare (tagliare) gli atteggiamenti interiori di egoismo, di orgoglio, di vanagloria… in modo che ci sia spazio (anzitutto dentro di noi e poi nelle nostre parole e nelle nostre opere) solo per ciò che è buono e vantaggioso per gli altri. Gesù aggiunge che questo lavoro di purificazione della nostra persona avviene in un modo molto preciso: «a causa della parola che vi ho annunciato». Dio mette a posto il nostro cuore illuminandolo con la Parola che ci comunica il senso del nostro esistere e ci aiuta ad ordinare bene le nostre giornate. Il confronto con la Parola di Dio serve per distinguere di giorno in giorno quello che nel nostro animo va trattenuto e coltivato da quello che va riconosciuto come non buono e quindi tralasciato. Si tratta di un lavoro mai finito, finchè siamo su questa terra! Ma il Signore lo sa, e per questo continua a Parlarci!
Un terzo aspetto, molto importante, dell’immagine della vite è di grande evidenza: i rami della vite (i tralci) sono floridi solo se sono attaccati al tronco principale. La linfa, il nutrimento, viene da lì. Ovvio, ci viene da dire. Forse ci appare meno ovvio il significato per noi, che siamo paragonati ai tralci: abbiamo vita solo se siamo attaccati al tronco che è il Signore. Da lui succhiamo la linfa vitale, solo da lui abbiamo la vita in tutti i sensi. Nel senso fisico e nel senso spirituale. Il nostro corpo ha esistenza, energia e vita solo per la bontà di Dio. La nostra testa pensa e coglie il bene solo perché Dio ci comunica in tanti modi la sua verità. Il nostro cuore sa amare in modo vibrante solo perché Dio ci ama e ci dà se stesso per abilitarci ogni giorno ad amare. In questo senso impressiona moltissimo la famosa frase che Gesù dice in questo brano: «Senza di me non potete fare nulla». È una affermazione che non lascia spazio a dubbi. È vera anche quando noi non ci pensiamo. Anche per le persone che se ne fregano del Signore, o che non lo conoscono nemmeno. Senza di lui, nessuno potrebbe esistere, nessuno potrebbe parlare, nessuno potrebbe fare qualcosa di buono. Accorgerci di questo è importante: è l’espressione esplicita della fede. Riconoscere di essere tralci innestati nel tronco significa vivere la fede come relazione vitale con il Signore Gesù, aderire volentieri a lui, accogliere liberamente la sua Parola, far fluire la sua vitalità in noi, con l’unico obiettivo di essere, come lui, persone fruttuose e felici di questo.