Dare e riprendere la vita

Commento al Vangelo del 22 aprile 2018.

Tra le tante e suggestive immagini che Gesù usa per farci comprendere chi è Lui per noi, spicca quella del Pastore buono e bello, che ci è offerta nella Parola di questa quarta domenica di Pasqua (Gv 10,11-18).

Il potere di dare la vita e di riprenderla di nuovo. Balza agli occhi soprattutto questa caratteristica del Pastore Buono: è disposto a dare la vita per le pecore. Il che è strano: viene da pensare che le pecore sono al servizio del pastore e non il pastore per le pecore. Ma tant’è: Gesù ripete (quattro volte in questi versetti) che lui «dà la vita». Lo stiamo celebrando in modo speciale in questo tempo di Pasqua: la vita l’ha data davvero, amando fino alla morte, e alla morte di croce. «Nessuno infatti ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (cf. Gv 15,13): non erano solo belle parole, quelle di Gesù. Uscito vittorioso dal sepolcro, Lui comunica ai suoi la sua vita indistruttibile, definitiva, piena, eterna. È lui stesso a spiegare perchè è possibile questo: può dare la vita perchè la possiede in pienezza, diversamente da noi. Sono impressionanti le sue parole: «io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo». Uno che dice così, o è pazzo, o è Dio! Solo Dio ha la vita in se stesso. Noi ce la siamo trovata addosso come dono gratuito; abbiamo forse il potere di darla, ma certamente non abbiamo il potere di riprenderla di nuovo. Abbiamo bisogno che qualcuno riprenda per noi la vita che noi perdiamo nella morte, che noi perdiamo nel peccato. Questo Qualcuno è il Buon Pastore: tramite lui il Padre ci ha dato l’esistenza e ci ridà continuamente una vita rinnovata, che vince la fragilità della morte e il dramma del peccato (il perdono, infatti, è sempre una rinascita). E darà una vita risorta anche alla nostra carne mortale, facendoci partecipare della sua condizione gloriosa.

Una vita nell’amore reciproco. L’immagine del Buon Pastore dice anche di che cosa è fatta questa vita che lui dona. Non si tratta di una vita generica, ma di una vita caratterizzata dall’amore. È l’amore che dà qualità e consistenza vera alla vita. Che senso ha la vita se non si ama? Gesù lo rivela quando dice: «conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me». La bellezza della vita di Gesù è la possibilità di vivere con Lui un rapporto di conoscenza intima, di relazione profonda e integrale, di accoglienza, di condivisione integrale. Così succede tra il Padre e il Figlio: «così come il Padre conosce me e io conosco il Padre». Torna alla mente la prima definizione dell’uomo nella Bibbia: creato «a immagine e somiglianza» di Dio. Gesù è mandato continuamente a noi dal Padre per realizzare questo tratto fondamentale della nostra identità: assomigliamo a Dio perchè siamo amati e possiamo amare! Dalla esperienza dell’essere conosciuti personalmente da Dio Padre in Gesù Buon Pastore nasce per noi la forza per edificare con gli altri dei rapporti di autentica conoscenza reciproca.

Una vita che tende all’unità. Questa è la proposta di Dio Padre, nel Figlio, uniti nello Spirito Santo: farci diventare «un solo gregge, un solo pastore». Questa è la sua opera. Sempre. E noi? Fondamentalmente, in ogni nostra parola e in ogni nostra scelta possiamo vivere due movimenti: o siamo per l’unità assieme al Buon Pastore, o siamo come il mercenario e il lupo. Al mercenario e al lupo non importa delle pecore: il primo abbandona, l’altro rapisce e disperde. Perchè a loro non importa delle pecore.
Si tratta di un criterio molto semplice per valutare e soprattutto per impostare la nostra vita in famiglia, tra amici, nella comunità cristiana, nella società civile: siamo costruttori di unità o gente che spezza, divide e distrugge?