Commento al Vangelo dell’8 aprile 2018.
Gesù risorto, come in tutte le apparizioni dopo la risurrezione, prende l’iniziativa. I discepoli, certo, non lo cercavano, anzi, se ne stavano impauriti, dentro in casa. Paura di che? Prendere posizione per Gesù fa paura! Viene in mente la folla che ha paura di parlare di Gesù in pubblico o dei genitori del cieco nato o dei notabili che temono di essere espulsi dalla sinagoga se stanno con Gesù… Gesù entra in questa paura; va a stanare i discepoli prigionieri di questa paura! E ci riesce: càpita, infatti, un cambiamento repentino nello stato d’animo dei discepoli che da paurosi diventano pieni di gioia. La causa è il «vedere» il Signore.
Due elementi sono evidenziati dall’evangelista, riguardo a Gesù: anzitutto la realtà della sua apparizione. Non è un fantasma impalpabile: Gesù parla, si ferma, mostra le mani bucate dai chiodi e fianco ferito. È proprio lui, proprio quello che i discepoli avevano visto per anni. E soprattutto è colui che era stato inchiodato alla croce, trafitto dalla lancia. Realtà dell’apparizione e identità del Risorto con il crocifisso! Il secondo elemento è la nuova condizione di Gesù: egli appare improvvisamente, a porte chiuse. È una condizione gloriosa, nella quale mantiene le promesse fatte in precedenza ai discepoli. Egli ritorna (14,18), dona la pace (14,27), dona la gioia (16,20.22).
Come accade sempre nei racconti di apparizione, Gesù affida solennemente la missione ai discepoli. Questa è connessa con il dono dello Spirito. È molto stringato, Giovanni, qui. Non dice dove o a chi sono mandati i discepoli. Ma ugualmente fa capire tutto: la missione dei discepoli è simile ed è causata dalla missione di Gesù. Inaudito! I discepoli si radicano nella stessa autorità del Figlio, che è il «mandato dal Padre». Nella missione dei discepoli, poi, ogni uomo può vedere l’agire salvifico del Figlio ed essere coinvolto in essa. Per capire allora il contenuto di quella missione non resta che ripercorrere il vangelo e vedere ciò che Gesù ha detto della sua missione di perfetta obbedienza al Padre e di giudizio sul mondo. Ai discepoli è dato in modo particolare il potere «sacramentale» di rimettere-ritenere i peccati: la misericordia di Dio si attua nella Chiesa e attraverso la Chiesa. La riflessione successiva della della comunità cristiana preciserà meglio le modalità di attuazione di questo fondamentale compito, strutturando le forme della penitenza e della riconciliazione, che ha il suo specifico nel Sacramento della Confessione.
La seconda parte di questa pagina evangelica è bellissima. I discepoli, come annunziatori, falliscono subito: Tommaso non crede loro. Gesù appare di nuovo, e Tommaso, con la sua professione di fede (una formula liturgica?), riprende l’affermazione iniziale del vangelo sulla divinità del Verbo (1,1).
Viene precisata, grazie a Tommaso, una cosa straordinariamente importante per noi: il rapporto tra «vedere» e «credere». Tutti sono chiamati a «credere» e a sperimentare la comunione con il Risorto, il dono della sua gioia e della sua pace. Solo i primi testimoni, però, fondano la loro fede sul «vedere». Tutti gli altri la fondano sulla testimonianza di quei primi. Il tempo della chiesa è fatto così: normalmente, uno crede perché ha ascoltato. Fortunati i discepoli? No. Quella di vedere è una pretesa non necessaria, dalla quale bisogna purificarsi, se si vuole essere «beati» (v.29)! Ecco perché Giovanni ha scritto un vangelo: facendo memoria della storia di Gesù, offre a tutti la sua testimonianza perché tutti possano condividere la stessa fede e avere la stessa vita.
La vita di fede (cioè di comunione personale con il Signore della vita), che nasce dall’ascolto e dalla risposta al Vangelo, è accompagnata e nutrita dai Sacramenti. Vedere oggi alcuni bimbi e ragazzi della nostra Parrocchia che ricevono il Battesimo e l’Eucaristia è un invito per tutti al ringraziamento e ad una sempre maggiore disponibilità a lasciarci incontrare dal Risorto e ad essere con gioia i suoi missionari di oggi!