Commento al Vangelo del 25 marzo 2018.
Viviamo la Settimana Santa come discepoli missionari. Il Signore risorto, con il Padre e lo Spirito santo, ci offrono nella Chiesa anche quest’anno l’esperienza della ri-vitalizzazione del nostro battesimo, con il quale siamo stati indissolubilmente uniti alla morte e alla risurrezione di Gesù, centro della storia, senso profondo della nostra vita personale e comunitaria. E della vita dell’umanità intera.
La liturgia della Domenica delle Palme ci aiuta a immergerci seriamente e amorevolmente nella Passione, che ascoltiamo secondo il racconto di Marco, e che dev’essere la musica di fondo di questa settimana: il ricordo vivo dell’offerta definitiva di Gesù per noi sulla croce ci deve accompagnare in ogni momento di questa settimana!
C’è un particolare, nel racconto di Marco, che ci può aiutare a vivere bene questa settimana, lasciandoci veramente provocare dalla Pasqua. Quando Gesù viene arrestato nel podere chiamato Getsèmani da una folla con spade e bastoni guidata da Giuda, «tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo» (Mc 14,50-52).
Chi è quel ragazzo? Possiamo identificarci in lui: ciascuno di noi è, in questa settimana, quel ragazzo!
Come lui, siamo discepoli («lo seguiva…») che cercano di seguire Gesù, che desiderano stare vicino a lui, incuriositi dalla sua persona, dalla sua bontà, dalla sua forza, dalla sua sapienza.
Come lui abbiamo addosso «soltanto un lenzuolo»: riconosciamo che quel che abbiamo è poca cosa. I nostri beni materiali e i nostri riferimenti solamente umani sono qualcosa di logoro, che non ci copre né bene, né abbastanza, che non basta per dare senso profondo alla nostra esistenza, assetata di verità, di autenticità, di amore vero e duraturo.
Come lui siamo afferrati da chi strapazza Gesù. Siamo assaliti all’interno dalle tentazioni, dai dubbi, dalle paure, dall’indolenza, dall’egoismo e dalla sete di potere, di denaro di successo. Siamo assaliti all’esterno da un modo di immaturità, di violenza, di ingiustizia; da idee sbagliate su Dio e sull’uomo. Siamo afferrati da chi ci vuole strumentalizzare o emarginare.
Come lui, in questa settimana, stando davanti alla sconcertante esperienza della passione di Gesù, possiamo rimanere nudi, messi davanti alla nostra radicale fragilità davanti alla morte. Guardando con verità il crocifisso, possiamo riscoprirci smarriti nelle nostre incertezze. Possiamo lasciare che emergano veramente le brucianti domande sul senso della vita, della morte, della sofferenza ingiusta. Possiamo guardare in faccia alla nostra radicale incapacità di dare, da soli, risposte significative; di stare, da soli, dentro alle situazioni più spiacevoli della nostra vita e dei nostri rapporti.
Come lui, rimasti nudi, possiamo (e dobbiamo) fare l’esperienza di «fuggire via», di rimanere smarriti e impauriti. L’ha fatto quel giovane, l’ha fatto Pietro, l’han fatto tutti… Credo che se non passiamo attraverso lo scandalo della croce, non riusciremo a diventare autentici discepoli del Signore che ha vissuto pure lui la nostra nudità.
Ritroveremo quel giovane, il mattino di Pasqua, e ascolteremo da lui l’Evangelo della risurrezione…