Commento al Vangelo del 11 marzo 2018.
Nicodemo, un capo dei Giudei, ha probabilmente assistito alla scena di Gesù che, entrando nel tempio di Gerusalemme in occasione della Pasqua dei Giudei, ha cacciato mercanti e banchieri e ha annunciato che il sistema del tempio era fallito. La festività religiosa era diventata una festa del regime. Per entrare in comunione con Dio c’era un nuovo tempio: il corpo risorto di Gesù. Incuriosito, Nicodemo va da Gesù di notte per parlare con lui: un dialogo nel quale il Signore dice cose profondissime e preziosissime per tutti, a riguardo della sua Pasqua, nuova alleanza tra Dio e l’umanità intera (Gv 3,14-21). Come si fa ad essere sicuri dell’amore di Dio? Di che tipo di amore si tratta? Il segno definitivo – dice Gesù – è ‘il Figlio dell’uomo innalzato’. Se vuoi vedere l’amore sconfinato di Dio, devi alzare gli occhi e guardare il crocifisso, che muore amando, perché la vita/amore che è in lui non può essere spezzata nemmeno dalla morte. Da quella morte e risurrezione sgorga il dono della vita eterna, cioè definitiva, che solo Dio possiede.
Come Dio vede il mondo. Certo, bisogna educare lo sguardo e acquisire una capacità di guardare in profondità. L’occhio vede un uomo ingiustamente crocifisso. Il cuore deve imparare a vedere oltre: l’amore senza riserve del Padre per il mondo. A Nicodemo Gesù insegna a guardare oltre: non c’è dubbio – dice – che Dio voglia donare a tutti la vita eterna. Con stupore e intima gioia Gesù rivela il cuore di suo Padre, nel quale esiste solamente il desiderio di amare, di donare vita. Il Padre guarda il mondo con una tale premura «da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». Per stare sul sicuro, Gesù ripete la cosa: l’intenzione di Dio è unicamente quella che «il mondo sia salvato» per mezzo del Figlio. Affermazioni fondamentali per rendere limpida l’immagine di Dio e per togliere di mezzo le assurde idee (ancora oggi in circolazione) di un Dio che desidera sentenziar condanne o che si diverte a mandar gente all’inferno. Di fronte a questo limpidissimo volto misericordioso di Dio bisogna prendere posizione. Non si può rimanere indifferenti. Lui il suo pensiero l’ha detto e l’ha messo in pratica mandando il suo Figlio e non ha nessuna intenzione di cambiare idea. È Dio, mica un uomo, aveva già detto Osea: «Come potrei abbandonarti, Èfraim, come consegnarti ad altri, Israele? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione…» (Os 11,8-9). La sentenza di condanna non può uscire dalla sua bocca, ma solo da quella di ogni uomo, chiamato a prendere una decisione: aderire (credere) al Figlio o rifiutarlo.
Come noi vediamo. Se uno è capace di vedere questo amore sterminato, in lui nasce la capacità di un giudizio ‘operativo’, della scelta di uno stile di vita. E l’alternativa è, come sempre, presentata da Gesù in modo molto chiaro. Si possono aprire gli occhi alla luce che viene, vivere nella luce, scegliere secondo la luce/verità/amore di Dio. Oppure si possono chiudere gli occhi alla luce e decidere di stare nelle tenebre, illudendosi di vederci bene. C’è infatti chi «fa il male, odia la luce e non viene alla luce». E c’è «chi fa la verità e viene verso la luce». Il Signore insiste sulla integralità della nostra maturità: desidera davvero che in noi ci sia armonia e sintonia tra lo sguardo, la testa e il cuore, e poi le opere. Guardare alle opere è rivelativo: Gesù invita tutti a guardare il proprio comportamento. O è un modo di vivere alla luce del sole, perché trasmette amore, o è un modo di vivere nelle tenebre, perché malvagio. Chi vive la lealtà dell’amore s’avvicina alla luce e scopre che sta operando in sintonia con Dio. Chi vive la malvagità vuole stare nell’ombra, non vuole essere riconosciuto e ‘stanato’ e accusato della sua pochezza, della sua morte. È interessante: il Signore sembra rovesciare la prospettiva. Se da una parte è vero che le opere buone o cattive partono da uno sguardo e da una decisione del cuore, dall’altra è anche vero che le opere buone o cattive determinano lo sguardo e l’atteggiamento del cuore. Più ti abitui a fare il bene, più si purifica il tuo sguardo e il tuo cuore. Più rimani nelle abitudini non buone, più il tuo sguardo si annebbia e la tua volontà si indebolisce, e il tuo cuore rimane malato.