Commento al Vangelo del 21 gennaio 2018.
Gesù è stato uno straordinario comunicatore, in grado di esprimere in modo efficace ciò che intendeva far comprendere ai suoi discepoli. Lo ha fatto attraverso una modalità espressiva diretta, senza troppi giri di parole. La frase che segna l’inizio della sua attività: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» oggi potrebbe essere considerata un tweet capace di sintetizzare in modo mirabile il messaggio centrale della sua missione, il suo “sogno” per ogni uomo. Il compiersi del tempo è il farsi presente di Dio, tramite il suo Figlio, nella storia, nella nostra esistenza, il suo camminare con noi, condividendo la nostra vita, facendosi uno di noi. Il compimento, l’esserci di Dio nel mondo, ossia la vicinanza del suo Regno, colma quei “vuoti” come le risposte non trovate, i dubbi rimasti irrisolti, la scelte rimandate. La bella notizia che ci viene donata è che il tempo è abitato da Dio e può divenire, nella libertà, il luogo dell’incontro, dello scambio, tra noi e il Signore ed in tal modo riempire di senso il nostro vivere. L’alternativa è rimanere nell’incompiutezza di chi muove i propri passi in modo improvvisato e incauto, senza una progettualità, sprovvisto di un fine, mancante di quella chiarezza necessaria per comprendere il mistero della propria persona. «Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione». Così il documento conciliare Gaudium et Spes descrive il rivelarsi in Cristo della propria identità e come tale dinamica, se vissuta liberamente, come accoglienza di una proposta, non possa non generare un rapporto, una profonda comunione con Lui. Lo hanno capito bene e vissuto Simone e il fratello Andrea, così come i figli di Zebedèo, Giacomo e Giovanni, che hanno colto l’invito di Gesù: «venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». La loro storia viene riempita di significato, acquista valore, consegue un fine: essere pescatori di uomini. Queste coppie di fratelli si sono lasciati guardare dal Cristo che ha attraversato le loro esistenze, li ha chiamati, e loro, senza esitazioni, hanno ri-scoperto la loro identità come vocazione. Come ogni scelta personale essa chiama in causa la coscienza per discernere, per decidere in merito ad una buona notizia che ascoltiamo e che facciamo nostra, dando una “forma” evangelica alla nostra vita. Questo significa convertirsi, scegliere di iniziare un cammino nuovo, dietro a Gesù, da discepoli per seguire le orme del Maestro, appassionandoci di Lui e con Lui di ogni uomo.
don Francesco Viali