Il ‘tuo’ Dio, il ‘tuo’ prossimo

Commento al Vangelo del 29 ottobre 2017.

Continua a crescere la tensione attorno a Gesù, che nel tempio di Gerusalemme, alla vigilia della sua Passione, tenta il tutto per tutto per annunciare il Regno ed educare tutti ad una comprensione vera della Parola di Dio, sfruttando anche le insidie, le intenzioni malevole di chi lo interroga per trovare un qualche capo d’accusa esplicito. Anche il dottore della legge del brano di oggi ha questa intenzione: metterlo alla prova (Mt 22,34-40). Lo fa sulla questione del ‘grande comandamento’: tra le tante prescrizioni della Bibbia, ce n’è una fondamentale? Senza esitazione, Gesù cita il libro del Deuteronomio (6,4): «Amerai il Signore Dio tuo…». Un versetto che quotidianamente veniva ricordato e ripetuto. Gesù conferma: la vita è fondata realmente sull’amore gratuito di Dio Padre. La specificazione ‘tuo’ Dio è interessante. L’indicazione morale («amerai…») è motivata da una esperienza, da un riconoscimento previo: sentirsi raggiunti personalmente dall’amore di Dio, tanto da arrivare a dire ‘Tu sei il mio Dio’. È un passaggio essenziale: dalla indifferenza, o dal pensare Dio in modo astratto e distante, come qualcuno che genericamente ha fatto il mondo e arbitrariamente lo governa… alla stupìta consapevolezza che quel Dio cerca proprio me, mi guarda e mi ama personalmente, mi ha creato e vuole stringere alleanza con me. È molto indicativa l’espressione adorante di Tommaso che riconosce il risorto: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Oppure quella di Paolo: «il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20).

Di qui ha senso il movimento essenziale, la preoccupazione più grande suggerita da Gesù per tutti: entrare in questo rapporto d’amore «con tutto il tuo cuore, tutta la tua anima, tutta la tua mente»: ogni fibra del mio essere è coinvolta. Il cuore che è sede della volontà d’amore; l’anima che è il principio vitale spirituale di tutto ciò che sono; la mente che mi fa amare in modo intelligente. Il rapporto con Dio, conferma Gesù, non riguarda qualche pezzo di me. La vita spirituale è vita di tutto l’uomo nella luce della amicizia con Dio, in una dimensione di libertà. La ripetizione della parolina ‘tuo’ forse vuol dire proprio questo: ‘prenditi in mano con responsabilità, riconosci la preziosità del tuo cuore, della tua vita, della tua intelligenza e metti tutto nelle mani di chi ti ha donato una ricchezza così grande!’. «Questo è il più grande e il primo dei comandamenti».

E ce n’è un secondo, che è «simile» al primo. Simile significa della stessa specie, della stessa natura, della stessa importanza. Gesù cita ancora la Bibbia (Lv 19,18) e conferma perciò quel che Dio aveva già tentato di insegnare al suo popolo: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». Anche qui dobbiamo fare attenzione alla parolina ‘tuo’, che fa la differenza. Mettermi a disposizione degli altri e averne cura come ho cura di me stesso, essere preoccupato per loro come sono preoccupato per me stesso è possibile solo se arrivo a dire: ‘tu mi appartieni e io appartengo a te, perché tutti e due apparteniamo al Padre che ci ha creati e ci ama follemente, senza fare preferenze di persone’. Se riconosco che il Padre mi coinvolge nel volere bene ai suoi figli, allora chi mi è vicino diventa il mio prossimo.

Amare Dio e gli altri è una gran fatica, perché abbiamo travisato l’aggettivo possessivo. Mio tante volte esprime il senso del dominio, del potere sugli altri, anziché il senso della reciproca appartenenza e della cura. Possiamo dire ‘tu sei mio’ intendendo ‘ti sento parte di me e voglio dedicarmi al tuo bene’, o al contrario intendendo ‘ti voglio dominare, devi fare quel che voglio io’. E così, invece che la custodia, la premura e la dedizione verso quelli che ci sono vicini e prossimi, viviamo la lotta, la distanza, la rivalità, la paura. In questa logica, infatti, se non riusciamo a dominare gli altri piegandoli ai nostri interessi, va a finire che cerchiamo di eliminarli, di fregarcene di loro, o di distruggerli. Che tristezza…

Gesù è molto chiaro e fiducioso. Sa le nostre difficoltà, eppure torna oggi a farci puntare in alto, a riproporci la «via più sublime» (1Cor 12,31), più bella e forte per vivere con pienezza e autenticità, ed essere così veri discepoli-missionari.