Il maestrale ha cominciato a soffiare e ad agitare il mare. La calura insopportabile se ne sta andando. Dopo la colazione finalmente riusciamo a celebrare insieme le Lodi, nella piccola chiesa delle Anime Sante del Purgatorio. E a soffermarci su una tappa del nostro itinerario biblico: meditiamo alcune delle lettere alle sette chiese consegnati a Giovanni, nel’Apocalisse. Ci apriamo alle parole del Figlio dell’Uomo che ci aiuta a rileggere la nostra vita con chiarezza, a riconoscere il buono, a ripartire quando si sbaglia o, peggio, quando si è tiepidi, ad accorgerci che Lui è sempre alla porta e bussa per proporci una comunione autentica e intima.
Le meditazione è simpaticamente interrotta dalle giovani Alessandra e Giulia, che entrano festose e rumorose nella chiesetta: ci devono accompagnare nella mattinata al mare. Seguiamo con loro la strada che dalla spiaggia Praiola, costeggiando di mare blu sferzato dal vento, ci porta alla Cala Rossa. Scendiamo un sentiero tra le intricate e rossastre rocce sedimentarie e laviche, giù giù fino alla inaccessibile spuma che segna il limite posto da Dio alle acque. Qui niente tuffi, oggi. Poco più avanti scendiamo ancora in una spiaggetta di ciottoli. L’acqua qui di solito è bellissima, dicono. Ma non oggi: il mare mosso è anche torbido e sporco. Ma un bagno ci sta lo stesso.
Dopo il pranzo leggero al chiosco di Lia e Benedetto, ci si prepara: si va a San Giuseppe Jato. Prendiamo la strada per Partinico e percorriamo l’interno della Sicilia. Dolci colline, colture di viti e di ulivi, larghi spazi incolti e brulli. La strada è parecchio sconnessa e passa spesso attraverso tristi segni di roghi, talvolta ancora puzzolenti di cenere.
L’accoglienza di Giovanna e Chiara è sempre calorosa. E stavolta anche squisita, chè assaggiamo con loro arancine, dolci di marzapane, certi bignè particolari di cui non ricordo il nome, un pezzo di torta ‘sette veli’ al pistacchio o al cioccolato… e poi, da un amico vinaio che sta accanto, si fa un brindisi alla bontà della Sicilia, assaggiando un ‘Perfetto’ che producono qui.
Ci raggiunge Pierluigi, che sta da queste parti ed è un insegnante di storia. È della associazione ‘Libera essenze’ e ci guida al Giardino della memoria dei bambini uccisi dalle mafie. È fuori paese, fuori da tutto, facendo chilometri su una strada sterrata, quasi nascosta tra alte canne ed eucalipti, che porta ad una conca bellissima di vigneti sulla terra che pare arida. L’edificio memoriale del luogo in cui fu ucciso barbaramente il piccolo Giuseppe Di Matteo, costruito non molti anni fa, appare già trascurato. Seduti sotto un ombroso salice ascoltiamo Pierluigi che parla a lungo, con passione, con competenza della storia del bambino, inquadrandola sapientemente nella narrazione del sistema mafioso della Sicilia e in particolare di san Giuseppe Jato. Tragedia e bellezza della Sicilia. Violenza della mafia che non è questione di arretratezza, ma lucida e duratura invenzione criminale, con l’unico scopo di far soldi, capace di trasformarsi camaleonticamente nelle diverse situazioni storiche ed economiche, mantenendo obiettivi e metodi. Una realtà complessa e radicata, che ha creato un sistema difficile da smantellare, anche nella mentalità della gente. Ma passi avanti nella consapevolezza ne sono stati fatti parecchi. Se è vero che gli uomini di mafia sono una minoranza, e che anche chi si oppone apertamente è una minoranza, si vive lottando e sperando che la gente che sta nel mezzo si sbilanci verso un modo di vivere pulito, legale, rispettoso delle persone e dei territori, costruttore di giustizia e di pace. Sono interessanti, nel racconto di Pierluigi e nelle chiose di Giovanna, gli accenni personali: i ricordi dei fatti e delle situazioni da stato di guerra attraverso cui sono passati da bambini e da giovani, le tappe che li hanno visti prendere posizione, i percorsi di formazione e di informazione, il servizio attivo per contribuire (con l’Azione Cattolica, o con la scuola, o con le iniziative di Libera…) ad una crescita specialmente dei ragazzi e dei giovani. Riporto più sotto gli appunti presi dal suo lungo intervento, per chi ha la pazienza di leggere…
Col cuore un po’ agitato ci rechiamo (è ormai il tramonto), a Portella della Ginestra. Un valico tra la valle dello Jato e Piana degli Albanesi. Proprio sul passo, investiti da un vento che pare gelido, ci fermiamo sul pendio del memoriale della strage compiuta nel 1947, il 1° maggio, durante una festa di lavoratori. Uomini, donne e bambini furono falciati dalle mitragliate del bandito Giuliano e dei suoi compari, appostati dietro le rocce che sovrastano il passo. Pierluigi ci spiega la situazione dell’epoca, tra contadini poveri, proprietari e amministratori terrieri, movimenti socialisti e movimenti separatisti, potere politico incapace e mafia molto capace, che si serviva anche dei banditi per mantenere lo status quo.
Dobbiamo scappare: il sole è tramontato e il vento non dà tregua. Nessuno avrebbe pensato, ieri sera, di patire del freddo oggi…
In una pizzeria a S. Giuseppe consumiamo la cena. Torniamo a Terrasini, questa volta però prendendo lo ‘scorrimento veloce’ che ci porta a Palermo attraversando la Conca d’Oro e offrendoci un nuovo sguardo, notturno, su questa affascinante Sicilia.
Pierluigi al Giardino della memoria (appunti non rivisti)
Martirio e rinascita
Tragedia e bellezza. La mafia è segreta, mira al consenso, con la violenza, il silenzio e la complicità. Non è questione di arretratezza. Di volta in volta si cercano le principali fonti di ricchezza, sostituendosi allo stato… I campieri ad esempio già nell’ottocento impongono il loro disordine per controllare il territorio. I territori sono acquisiti o affittati dai mafiosi e garantiscono la protezione e il lavoro ai poveri contadini, che stanno loro sottomessi…
Già nel primo novecento la mafia è bene organizzata nei contatti con la politica e la giustizia…
Con il boom edilizio degli anni 60, la mafia è prontissima a gestire gli abusi edilizi (ed la Conca d’oro), la costruzione e la vendita. Il denaro viene rivestito nella droga (Asia, Sicilia, America). O soldi vengono ancora reinvestiti tramite prestanome…
La mafia non è in problema superficiale: in intero sistema economico si reggeva su cosa nostra: qui c’era una impresa edile ogni cento abitanti! Molti hanno scelta di accettare questo sistema.
Ma negli anni delle stragi esplode il sistema di violenza impressionante. Ci sono scontri interni: negli anni 80 la seconda guerra di mafia in cui i Corleone schiacciano le cosche di Palermo. L’altro livello è la violenza contro i rappresentanti dello stato che mettono i bastoni tra le. Ruote. Mattarella chimici Livatino e tantissimi altri. Fini alle stragi. Una guerra civile: questa è l’esperienza che abbiamo fatto in quegli anni qui, con i militari che controllavano gli accessi al paese…
Si doveva scegliere!
Ma. Nonostante le reazioni dello stato e della gente la mafia continua ad operare. Non cerca accordi con lo stato: impone e basta (cf Lima). All’interno non ci sono cedimenti.
Dopo il 92 lo stato reagisce, anche se è troppo tardi… Vengono catturati alcuni latitanti di questa zona, tra cui Santino Di Matteo. Di Altofonte.
Cosca nei paesi o quartieri; mandamento il collegamento tra cosche.
Giovanni Brusca diventa capo della cosca di s.. Giuseppe Jato, mandamento che comprende Altofonte.
Arrestato nel 93 poi di Matteo decide di collaborare con la giustizia. Vive a Roma. Ed è una minaccia. Come colpirlo? Tramite la famiglia. Lo aveva fatto con Buscetta (sterminata la famiglia fino al 3 grado)…
Brusca conosce il figlio di Santino, Giuseppe undicenne cui piace andare a cavallo. Lo raggiungono agli inizi del ’94 e lo prendono e lo sballottato per più di due anni (779 giorni) tra le tante cosche che fanno a gara per tenere il bambino e fare favori a Brusca astro nascente.
Santino continua a collaborare con la giustizia. Chiede comunque informazioni ma nessuno parla. Lo stato comincia le perlustrazione, ma niente.
Il bambino viene portato qui, posto in una stanza segreta chiusa da una botola, al buio. I mafiosi si danno il cambio per custodirlo. Brusca (che aveva premuto il pulsante a Capaci, che non ricorda se aveva ucciso due o trecento persone direttamente) apprende di essere condannato di nuovo all’ergastolo. Comunica di ‘disfarsi del cagnolino’… Vincenzo Chiodo mette in atto l’omicidio il 21 gennaio 96… Strangola il bimbo, lo scioglie nell’acido muriatico… Il giorno dopo svuota il fusto.
Che la mafia non tocchi i bambini è falso… Non sole per di Matteo, ma anche per altre decine di bambini…
Vogliamo raccontare una storia diversa da quella che la mafia ha fatto progredire il paese perché ha dato lavoro… Vogliamo raccontare le violenze e i danni, vogliamo raccontare le bellezze di Jato.
Viviamo ora con maggiore consapevolezza. Le scuole parlano di mafia e di educazione alla legalità. J mafiosi di primo rango sono stati arrestati e ci sentiamo più liberi. Ma c’è il timore. Del ritorno. Ci sono realtà di speranza: ‘Libera terra’ è qui presente. Bisogna togliere la ricchezza alla mafia! Non basta togliere i beni, ma rimettere in circolo i beni, che dal ’99 possono essere assegnati a cooperative sociali, che danno lavoro sano!
Siamo più consapevoli e liberi. E superata la vergogna…
Bisogna essere vigili, ma anche saper dare fiducia a chi ha pagato la sua pena…
Mafie al nord: un problema trascurato dallo stato! La questione del mafioso è semplicemente di arricchimento personale. Si fa tutto per i soldi! i mafiosi trasferiti coatti an nord si sono presto riorganizzato coinvolgenti gente del posto… Da decenni!
‘le mafie ci uniscono’!
Classi dirigenti proiettate a far soldi a tutti i costi, anche attraverso la delinquenza!Altro che questione morale!
Esempio della terra dei fuochi!
Sono le minoranze a fare la storia. I mafiosi sono una minoranza, glia anti mafiosi altrettanto,
Siate minoranza consapevole nel vostro territorio! Siate attenti, denunciate, seguite i consigli comunali specie quando si parla del piano regolatore…