Vero cibo e vera bevanda

Commento al Vangelo del 18 giugno 2017.

Prima di riprendere il cammino delle domeniche del tempo ordinario, la Chiesa ci fa celebrare oggi la solennità del Corpo e Sangue del Signore. Mente e cuore rivolti al dono straordinario dell’Eucaristia, segno sacramentale, cioè vivo ed efficace, della presenza del Signore risorto tra noi, con noi, in noi. Quindi il tesoro più prezioso della Chiesa, perché è il Signore stesso che ‘sta in mezzo’ alla sua comunità e nel cuore di ogni discepolo con la sua presenza vera, reale e sostanziale’, con tutto il suo ‘corpo, la sua anima, la sua divinità’. L’Eucaristia è una enormità che fatichiamo a comprendere, specie perché si presenta nella semplicità assoluta dei segni del pane e del vino, e sfida la nostra intelligenza e il nostro orgoglio, la nostra superficialità e la nostra incredulità!

Il nutrimento eucaristico era prefigurato nella manna che gli israeliti hanno mangiato per quarant’anni nel deserto (Dt 8,2-3.14-16). Un ‘deserto grande e spaventoso’, che ben rappresenta la situazione di fragilità della vita umana, personale e sociale. Un deserto che è ‘luogo di serpenti velenosi e di scorpioni’, che ben rappresentano le forze del male che agiscono in questo mondo e nell’intimo del nostro cuore. Un deserto nel quale siamo messi alla prova, ‘per vedere che cosa abbiamo nel cuore’. In questo deserto non ce la si fa da soli. E nemmeno basta il pane del corpo: la nostra vita non è solamente quella fisica o psicologica. Già a Mosè Dio aveva rivelato una cosa che, a pensarci bene, possiamo sentire come profondamente vera: «non di solo pane vive l’uomo». Abbiamo bisogno di qualcosa di più, di una Parola che dia senso al nostro esistere così bello e così drammaticamente segnato dal peccato e dalla morte. Abbiamo bisogno di qualcosa che ci dia una forza sovrumana per affrontare le difficoltà della vita.

Gesù lo sapeva bene, meglio di tutti noi, che abbiamo bisogno di essere nutriti nella profondità del nostro animo (Gv 6,51-58). Che abbiamo nel cuore una grande nostalgia, un grande desiderio di una vita eterna, cioè definitiva; di una forza d’amore che resista nelle difficoltà della vita e che non si vanifichi nell’esperienza della morte. Gesù lo sapeva bene che abbiamo bisogno di senso e di chiarezza di valore per non lasciarci sorprendere dalle inevitabili difficoltà dell’esistenza personale, famigliare, comunitaria, sociale… Lo sa bene e conosce la via. Lui stesso è la via della vita e della verità. Non una via tra le altre. Il suo linguaggio è chiaro. Per molti anche duro. Ma non si fa problemi a dire con radicalità che «se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita».

Naturalmente Gesù pensa alla ‘vita’ in tutti i suoi sensi: non solo quello fisico/biologico, ma soprattutto quello profondo, personale, definitivo, spirituale. Solo chi mangia la sua carne e beve il suo sangue è sicuro di avere «la vita eterna» adesso, e quindi di vivere la morte e il giudizio come una risurrezione. Il senso profondo della Vita, ci spiega Gesù, è la relazione d’amore. È questa relazione che non può essere distrutta dalla morte, perché Lui ne è il donatore e il garante! Il verbo ‘rimanere’ torna con forza emozionante: chi mangia la sua carne e beve il suo sangue ‘rimane’ in una indicibile comunione con il risorto. Vive della stessa comunione che lega il Padre e il Figlio: una divina intimità d’amore, di reciprocità, di accoglienza.

Ma c’è di più: da questo ‘rimanere’ nasce e prende senso ogni movimento, ogni parola, ogni gesto. Gesù ci rivela il senso della sua incarnazione e il modo in cui l’ha vissuta: «Il Padre mi ha mandato e io vivo per il Padre. E ci rivela conseguentemente il senso della nostra esistenza: «Colui che mangia me vivrà per me». Fare la comunione a Messa è una esperienza profondamente compromettente: comprende la decisione di vivere per il Signore, secondo la sua Parola e i suoi progetti. Per un discepolo di Gesù, è questa la radice di ogni scelta, di ogni parola, di ogni esperienza. Dobbiamo tutti crescere molto nel discernimento spirituale. Anzitutto per verificare se quel che facciamo nella nostra vita quotidiana ha senso nel Signore: lo facciamo per conto nostro o lo abbiamo deciso con lui e per lui? Eppoi per stare con le orecchie tese alla sua Parola: «Signore, oggi che cosa posso fare per te?».