«con», «presso», «in»

Commento al Vangelo del 21 maggio 2017.

Celebriamo la Festa di Comunione e di Confermazione. Il Signore Gesù, nel vangelo di oggi (Gv 14,15-21) ci illumina sul senso della sua presenza che ci tocca nei Sacramenti: il protagonista dei Sacramenti è lo Spirito Santo, di cui Gesù ci parla oggi, spiegandoci che è «un altro Paràclito» inviato dal Padre. ‘Paràclito’ è una parola greca che significa ‘colui che è chiamato accanto’, una specie di avvocato che sta accanto a noi per difenderci. Siamo rassicurati sulla vicinanza di Dio a noi: il primo paràclito è Gesù, il Figlio di Dio che si è incarnato, ha condiviso in tutto la nostra esperienza umana (eccetto il peccato), vivendola nella pienezza dell’amore. Ora, fisicamente Gesù non è più con noi, perché è risorto e asceso al cielo. E la sua presenza è possibile grazie all’opera dello Spirito. Una vicinanza incredibile, che Gesù cerca di farci capire usando diverse parole: lo Spirito «rimane con» noi, «rimane presso» di noi, «sarà in» noi. Lo Spirito (che è legame d’amore tra Padre e Figlio nella Trinità) crea un legame profondissimo tra il Figlio e noi, facendoci partecipi dello stesso legame che c’è tra il Padre e il Figlio.

Dio Padre sa che noi, fatti di carne e ossa, abbiamo bisogno di segni concreti. E ha inventato i Sacramenti, nei quali notiamo una sproporzione impressionante tra la grandezza della Presenza dell’Onnipotente e l’umiltà dei segni che vengono utilizzati. Pensiamo alla Cresima: la forza dello Spirito è comunicata nel semplicissimo gesto dell’unzione con un po’ di olio santo sulla fronte del cresimando, mentre si dice «Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono». Pensiamo alla Comunione: l’enormità della presenza del Signore risorto è contenuta realmente, veramente, sostanzialmente nell’Eucaristia, che i nostri occhi continuano a vedere esternamente come pane e come vino. Davvero dobbiamo stupire, e fare nostre le parole di S. Tommaso d’Aquino: «La vista, il tatto, il gusto, in Te si ingannano, ma solo con l’udito (ascoltando la Parola) si crede con sicurezza… Sulla croce era nascosta la sola divinità, ma qui è celata anche l’umanità».

Verrebbe da chiedersi come mai il Padre, che ci vuole comunicare una cosa così grande come la sua amicizia, non ci convinca con effetti speciali, con qualche segno più evidente ed impressionante. Ma Dio è fatto così: siccome la sua è una onnipotenza d’amore, non può che presentarsi nella delicatezza e suscitando una risposta carica di libertà e di responsabilità. Gesù risorto, lo ricordiamo bene, non si è presentato in piazza a Gerusalemme: ha scelto di incontrare i suoi amici, quelli che (pur con fatica) erano disposti ad accogliere la sua proposta d’amore e di amicizia. E oggi fa la stessa cosa: presentandosi nell’umiltà del Pane, chiede di essere riconosciuto e amato in una intimità libera.

Davvero, pensare la nostra vita alla luce di questa Presenza è una rivoluzione. Pare a volte che la nostra esperienza quotidiana non c’entri nulla con queste cose: siamo forse abituati a percepire noi stessi distanti dagli altri e ancor più distanti da Dio. Eppure, queste parole di Gesù ci aiutano a rileggere tutte le esperienze di legami con gli altri e con Dio come opera dello Spirito. Ogni seppur timido momento di preghiera, ogni consolazione che ci è venuta dall’ascolto della Parola, ogni grido che abbiamo rivolto a Gesù o al Padre: c’era lo Spirito che operava in noi. E anche nei rapporti con gli altri: ogni momento di amicizia, di scambio profondo, di ascolto e di incoraggiamento, ogni servizio fatto volentieri: c’era lo Spirito che operava in noi.

L’intimità d’amore cambia la vita di chi crede in Gesù: amare Lui, e il Padre, accompagnati dallo Spirito, non è un viaggio mentale, un fervorino, una esperienza che può rimanere rinchiusa in qualche momento di preghiera o in qualche evento particolare (come la celebrazione della Cresima o della Comunione, quando restano solo un nostalgico ricordo di una bella giornata della nostra vita). Amare Gesù è una esperienza che prende forma solo quando si decide di «osservare» i suoi comandamenti, cioè di vivere come vuole Lui una vita buona e bella, generosa e forte. Il criterio non siamo più noi stessi con le nostre voglie, le nostre preferenze, i nostri ‘fatalismi’. Il criterio per fare le nostre scelte di vita personale, famigliare, sociale diventa Lui e il suo stile, costi quel che costi, perché Lui solo è il Signore della vita e della morte, vivo in noi con il suo Spirito.