Commento al Vangelo del 7 maggio 2017.
Quarta domenica d Pasqua. Contemplando Gesù che si presenta come il Buon Pastore, la Chiesa vive oggi la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Il racconto di Giovanni (10,1-10) riporta le parole di Gesù, che sono al tempo stesso belle e dure. Nei pressi del tempio, Gesù continua il suo insegnamento, dialogando con i suoi avversari. Riprende dalla Bibbia la similitudine delle pecore, e il suo intento non è certo quello di essere molto tenero. Già all’inizio lo dimostra dando del ladro e del brigante a chi non entra per la porta nel recinto. “Recinto” indica l’atrio che dà accesso al tempio, il luogo di raduno istituzionale del popolo per incontrare Dio. Qualcuno vi è entrato, o vi entra, con scopi poco raccomandabili: il ladro o il brigante. Il termine “ladro” è applicato anche a Giuda (Gv 12,6). Il riferimento è ai capi del popolo, che si appropriano di ciò che non appartiene loro. E il termine “brigante” è applicato a Barabba (Gv 18,40). Brigante è uno che usa la violenza, e anche in ambito religioso questo può capitare. L’accusa di Gesù è sferzante, allora come oggi: sfruttare il tempio per i propri interessi subdoli (di potere, di successo, di possesso) è sempre un rischio per i pastori.
Quanto a sè, Gesù è molto chiaro: solo lui può entrare legittimamente nel tempio ed essere riconosciuto come pastore, cioè come Dio che si prende cura del popolo. Come Messia non si rivolge alla massa anonima, ma chiamando ciascuno per nome, perché il ciascuno è prezioso davanti a lui. E questo è uno dei punti chiave della rivelazione evangelica: Dio guarda al suo Popolo e all’umanità intera interessandosi di ogni persona umana, senza preferenze di persone. Il suo amore non è generico, ma personale.
Se uno riconosce di essere “suo”, si lascia condurre, anzi spingere fuori (v. 4), come il popolo di Israele fu condotto fuori dall’Egitto, come la nostra umanità è condotta fuori dal regno della morte nella risurrezione di Gesù. Gesù si mette alla testa di quelli che camminano dietro a lui. Non si può essere suoi se non ci si mette a far della strada con lui, fidandosi della sua voce, delle sue indicazioni, della sua verità. La possibilità di stare fuori dal recinto dello sfruttamento è garantita dalla sua presenza continuamente riconosciuta come liberante. È il riferimento personale a Gesù Cristo l’unica sicurezza nella ricerca del senso della vita.
Altre presenze e altre voci si fanno sentire, ma sono estranei, gente che non è da seguire. Per noi, non è sempre facile capire: le voci degli estranei (degli opinionisti, degli ‘amici’, della maggioranza…), a volte, sono simpatiche, piene di promesse, di prospettive allettanti. Non si vede subito l’intento dello sfruttamento, della mancanza di rispetto verso la libertà e la dignità più profonda. E allora càpita di non capire, di non considerare più il Signore come l’unica voce autentica che noi riconosciamo come fidata perché ci chiama per nome. E allora non si fugge via dagli estranei, anzi, quasi quasi si fugge via da Gesù e dalla sua voce impegnativa, che mette in discussione. Così è capitato agli interlocutori del Signore (v. 6).
Non ci sono, però, altre vie. Sviluppando la similitudine, ora Gesù applica a se stesso l’immagine della porta (v. 7). Solo lui è la porta, perché solo lui è il portatore della salvezza, che consiste in un rapporto autentico con Dio Padre. Non è come tutti gli altri, Gesù. Non è un salvatore fra i tanti che si possono scegliere. Questa sua chiarezza un po’ ci spiazza, specie se abbiamo una idea piuttosto vaga di Dio e della salvezza, tanto vaga da ritenere poi che non ci sia differenza tra l’esser cristiani e l’essere in altri cammini religiosi. Se dal punto di vista soggettivo sappiamo che comunque Dio in tanti modi si fa vivo anche in coloro che non conoscono Gesù (essi, dice Lumen Gentium 8, «in vari modi sono ordinati al popolo di Dio»), sul piano oggettivo facciamo nostro l’insegnamento del nostro Signore che dice di essere lui e solo lui il rivelatore definitivo del Padre e della salvezza. E così alimentiamo il desiderio di farlo conoscere a chi non ha ancora gustato la sua bellezza: tutti i battezzati sono chiamati a questo annuncio missionario!