Commento al Vangelo del 2 aprile 2017. Tra i “segni” compiuti da Gesù nel Vangelo di Giovanni, quel-lo che ha per destinatario Lazzaro assume un significato del tutto particolare perché strettamente collegato al cuore della fede che come battezzati professiamo. Gesù, attraverso le sue parole, svela la propria identità, non quella di un semplice guaritore, ma il suo essere Figlio di Dio, venuto a donare la vita a coloro che credono in Lui. Dice infatti: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». Queste parole sono pronunciate in uno di quei momenti più difficili da vivere cristianamente e umanamente, quello della malattia, della sofferenza, della morte. Marta e Maria invocano l’aiuto di Gesù perché il loro fratello Lazzaro è ammalato. Gesù sembra non avere fretta di recarsi a Betania per visitare l’amico, aspetta ben due giorni prima di partire. Quell’attesa tuttavia non è vuota, ma per Gesù è fi-nalizzata alla rivelazione della «gloria di Dio», quando cioè la malattia avrebbe trovato compimento non nella morte, ma nella vita. Il Figlio di Dio sceglie di andare da Lazzaro, invi-tando i suoi a seguirlo, nonostante le minacce provenienti dalla Giudea potevano far desistere dal mettersi in viaggio. I discepoli, proprio per questo, allertano Gesù, vogliono evi-tare l’uccisione del Maestro: essi non sono ancora consape-voli che, attraverso la morte del Figlio di Dio, saranno sot-tratti alla loro morte. Gesù si reca con gioia dall’amico, co-sciente che la fede dei suoi discepoli, con il ritorno alla vita di Lazzaro, non sarà più la stessa. È una maturazione spiritua-le che toccherà anche Marta, la quale passerà dal puntare il dito per l’assenza del Maestro, ad esprimere la sua profes-sione di fede nel Cristo, in Colui che annuncia la prossimità del Regno di Dio. Maria, l’altra sorella, esterna il suo dolore, il suo lamento e con lei i giudei presenti, coinvolgendo Gesù il quale, nella tragicità del momento, rimane intimamente turbato dalla morte dell’amico. Giunto al sepolcro ecco compiersi la «gloria di Dio» nella nuova creazione di Lazza-ro, nel suo uscire dal luogo della sepoltura: è l’effetto di questa particolare rianimazione compiuta da Gesù, è la vita che Egli dona all’amico capace di superare la paralisi della morte. «Liberàtelo e lasciàtelo andare» dice Gesù, le bende e il sudario possono essere tolte, la paura della morte è de-stinata a scomparire e Lazzaro può continuare il suo percor-so esistenziale verso il Padre, illuminato dalla fede in Colui che è la risurrezione e la vita. L’amico di Betania è stato ria-nimato dal Cristo e con lui l’umanità può rivivere, venendo fuori da quei luoghi chiusi e senza luce in cui la fiamma della fede battesimale sembra spegnersi, in cui ogni speranza pa-re morire. Gesù desidera rotolare via quella pesante pietra che impedisce l’uscire fuori, che rende arduo il ritornare a Lui, lo stare con Lui slegando l’uomo dalle bende della ras-segnazione e della disperazione. Questa è la via pasquale indicataci da Gesù, quella che conduce alla manifestazione della «gloria di Dio», sperimentando la bellezza e la gioia di una vita più forte della morte, segnata da relazioni d’amore non più corrotte dal male, ma libere e autentiche.