Commento alle Letture del 27 novembre 2016.
Inizia un nuovo anno liturgico: Dio Padre, con il Figlio suo e lo Spirito, ricominciano con gioia e pazienza a parlarci di tutti i misteri della fede. Si parte dal Natale, mistero meraviglioso della incarnazione del Figlio di Dio… Vogliamo ‘resistere’ alla tentazione di vivere il Natale nel buonismo consumistico? Vogliamo prepararci a ricevere e a fare dei doni veri? Lasciamoci guidare dalla Parola. Il Natale è un evento lungamente preparato nella storia di Israele e vigorosamente annunciato dai profeti. Nella liturgia delle domeniche di Avvento si ascolta sempre il profeta Isaia. In questa prima domenica ascoltiamo la profezia della pace universale alla fine dei giorni (Is 2,1-5): una grandiosa visione, una grandiosa promessa offerta a tutta l’umanità.
Quali sono i problemi dell’umanità denunciati da Isaia e che possiamo riconoscere anche oggi? Soprattutto il fatto che gli uomini non sanno le vie del Signore e non camminano nei suoi sentieri. E questa è la radice del peccato: i guai nel mondo dipendono sempre da pensieri sbagliati, lontani da ciò che è vero, buono e giusto, e che solo Dio può conoscere e vuole rivelare. L’arroganza diabolica di saperne più di Dio, la pretesa orgogliosa di arrivare da soli al senso della vita e della storia percorrono tutta la storia dell’umanità, come storia di peccato. E le conseguenze sono disastrose. Non riconoscendo la paternità di Dio, ognuno si fa giustizia da sé, con le spade e con le lance, che richiamano ogni ogni mezzo di potere e di dominio sugli altri. Se ne potrebbe fare una lunga lista, dalle armi di tutti i tipi agli strumenti di costrizione, dalla mala informazione ai meccanismi finanziari, dalle ingiustizie sul lavoro ai sotterfugi burocratici…
Dobbiamo riconoscere che anche noi siamo coinvolti in questi ingranaggi di peccato. E non ne siamo solo le vittime. Forse siamo anche i carnefici. Perché? Anche noi a volte ‘resistiamo’ alla Parola: non l’ascoltiamo, non la cerchiamo, ci accontentiamo dei nostri pensieri e progetti. Perché anche noi, nel nostro piccolo, ci esercitiamo nell’arte della guerra, quando inventiamo stratagemmi per isolare gli altri e non accoglierli, quando affiliamo la spada della nostra lingua per ferire gli altri…
E Dio che fa? Isaia parla di un intervento di Dio ‘alla fine dei giorni’: stabilirà per sempre una nuova umanità formata da tutti i popoli che vivono nella pace (l’immagine, bellissima, è quella di tutti i popoli radunati nel monte del tempio del Signore a Gerusalemme). Tutti i popoli si convinceranno e desidereranno ascoltare la Parola e imparare le vie del Signore. Tutti capiranno che Dio è un giudice giusto e un arbitro degno di fede a cui rivolgersi per vivere in pace. Tutti butteranno via le armi e non si eserciteranno più nell’arte della guerra.
E il Natale che c’entra? Dio non ha aspettato la fine dei tempi per iniziare a realizzare questa pace universale. Il suo intervento decisivo è già accaduto, nello scandaloso silenzio del Natale: il suo Figlio Gesù si è immerso nella nostra storia di ingiustizie ed ha già annunciato pienamente la Parola e insegnato le vie del Signore! Il suo Figlio Gesù, nato a Betlemme, nella Pasqua ha già pronunciato il giudizio di misericordia di Dio sul mondo. Forse siamo un po’ delusi perché questa cosa è avvenuta nella semplicità di Betlemme, nella ignominia della croce, nella intimità del giardino della risurrezione. Forse siamo un po’ delusi perché continua ad avvenire nella semplicità della predicazione della Chiesa e nella sobrietà dei segni del regno. Ma non può non essere così, perché il Signore vuole raggiungerci al cuore. Con la spada della sua Parola vuole penetrare fin nelle midolla delle nostre ossa, e lì convincerci del suo amore, e lì riconciliarci con sé e conseguentemente trasformarci in operatori di pace.
In questo tempo di Avvento, alla scuola di Isaia, ci impegniamo insieme:
– ad accorgerci delle opere di pace che nel mondo Dio sta realizzando: in Chiesa c’è una bacheca nella quale chiunque può affiggere un articolo trovato durante la settimana, che parla di pace
– ad essere noi per primi operatori di pace, esaminando attentamente la nostra vita. Questa settimana proviamo a non ferire gli altri con la lingua (vedi il riquadro all’interno del foglio).