Commento al Vangelo dell’11 settembre 2016.
Le tre parabole della misericordia contenute all’inizio del capitolo quindici di Luca sono come un’unica miniera in cui rinvenire sempre nuove pietre preziose: i tratti dell’essere e dell’operare del Signore. Sono segni quest’ultimi che Gesù mostra nella sua missione, in particolar modo accogliendo “senza se e senza ma” gli emarginati, i peccatori, accettando di condividerne la mensa e rigettando ogni logica esclusivista sostenuta da certi benpensanti religiosi del suo tempo e del nostro. Il Signore sembra voler colmare quella distanza che si crea ogni qual volta l’uomo decide di fare di testa sua, scegliendo di autodeterminarsi, allontanandosi da Dio pur di raggiungere i suoi obiettivi. Egli non teme di mettersi in movimento, come un pastore che lascia il gregge delle novantanove pecore per andare in cerca di quella perduta. Compie quello che per molti sarebbe un azzardo, uscire dall’ovile lasciando le novantanove incustodite pur di ritrovare la smarrita. Il pastore della parabola invece esce con ostinazione, si mette in ricerca e trovatala, pieno di gioia, se la carica sulle spalle, le ridona la forza per riprendersi e poi va dagli amici per rallegrarsi di quel ritorno. Quel pastore dimostra di essere attento non al gregge in quanto tale, ma alle singole pecore, ognuna con una propria storia, un proprio valore irripetibile ed imperdibile. Il Signore poi si riconosce in quella donna che, smarrita una delle sue dieci monete, non si perde d’animo, ma si mette con cura a ricercarla e poi, una volta recuperata, fa festa con le amiche. Le nostre giornate così frenetiche, la famiglia, il lavoro, lo studio, i tanti impegni imprevisti rischiano di farci perdere ciò che conta, la vera fonte della ricchezza. L’autentica consolazione deriva dal sapere che se noi “perdiamo” il Signore, lui non ci “perde” mai! Dio infine ha i tratti di un padre sempre pronto ad attendere ed accogliere tutti i suoi figli, in particolare quelli che si dimenticano di esserlo, che perdono la loro identità, la dignità, quelli che hanno fame e sete di libertà, quelli che cercano la verità. Ad ognuno di essi, il Signore si rivela tramite un abbraccio di perdono. Scrive papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo della misericordia: «in queste parabole, Dio viene sempre presentato come colmo di gioia, soprattutto quando perdona. In esse troviamo il nucleo del Vangelo e della nostra fede, perché la misericordia è presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono». È vivendo questa esperienza, è nell’essere ritrovato che l’uomo ritrova se stesso che scopre, nella gioia, la preziosità della libertà, imparando a vivere da figlio e superando quel servilismo che continua purtroppo anche oggi a imprigionare tante persone, rendendole incapaci di uscire dai tanti labirinti esistenziali. Lasciarsi trovare dal Padre, consentire che sia Lui ad abbracciarci per primo e a guarirci tramite la sua misericordia riempie di gioia, ridona la vita, quella vera e ci fa sentire amati: ecco il motivo per cui rallegrarsi e fare festa!
don Francesco