Commento al Vangelo del 28 agosto 2016.
Ci aveva sferzato il nostro Signore, domenica scorsa, comandandoci di entrare per la porta stretta e dicendoci che se vogliamo essere salvi dobbiamo essere operosi nella giustizia.
Oggi in qualche modo rincara la dose (Lc 7,1.7-14), mentre è a casa di un fariseo che lo aveva invitato a pranzo. Situazione ottima per tornare a rivelare il progetto rivoluzionario di Dio, che rovescia le nostre logiche e ci mette in imbarazzo nella nostra mondanità. Situazione ottimale perché si tratta di un banchetto. E Dio è appassionato dei banchetti e del servizio. Piace anche a lui invitare. Lo aveva stupendamente annunciato, per esempio, con la voce del profeta Isaia: «O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti» (Is 55,1-2). Quando invita per dare la sua vita, Dio lo fa in due modi: si rivolge a tutti e dona gratis. Lungi da lui ogni logica commerciale. A lui piace solo l’amoris commercium: ma pur desiderando ardentemente il contraccambio d’amore, Dio non lo attende per fare il primo passo. A costo di abbassarsi, di umiliarsi fino alla morte, e alla morte di croce (cf. Fil 2,6-11). È Gesù il protagonista, nella storia, di questo rivoluzionario movimento: la sua esaltazione fiorisce dalla ferma decisione di farsi ultimo e servo di tutti. Questo rende credibili e autorevoli le sue parole forti, rivolte a noi oggi ancora come appello personale. Il nostro testo è pieno di imperativi, prima negativi (non metterti al primo posto; non invitare…) e poi positivi (va’ a metterti all’ultimo posto; invita…). Siamo messi alle strette. Ci pare impossibile, almeno sulle prime, fare quel che dice Gesù.
Dobbiamo forse smettere di invitare amici, fratelli, parenti e vicini? Dobbiamo proprio smettere di invitare gli altri con il desiderio di essere contraccambiati? Dobbiamo andare controcorrente e smentire nel nostro pensiero e nella nostra condotta il detto per cui «nessuno fa niente per niente», al livello del tornaconto economico?
Eppoi: dobbiamo proprio iniziare ad offrire banchetti invitando poveri, storpi, zoppi, ciechi? Dobbiamo forse aumentare la dose della condivisione dei nostri beni con chi è più bisognoso? Dobbiamo forse smettere di limitarci a dare le briciole ai poveri, smettere di tollerarli o peggio di osteggiarli?
In questo tempo molto difficile per la solidarietà e la condivisione, tempo di paura e di smarrimento perché non si sa cosa fare davanti alla imprevista e imprevedibile quantità di fratelli e sorelle che bussano alle nostre porte, Gesù ci raggiunge con questa parola sconvolgente: non aspettare che i poveri bussino alla tua porta, ma vai a cercarli e a invitarli, perché sei figlio di Dio, che ha cercato te e ha invitato te, prima che tu cercassi Lui.
Abbiamo molta strada da fare, dobbiamo continuare a riflettere molto insieme. Per aiutarci ad ascoltare lo Spirito, che vuole anzitutto convertire il nostro cuore e renderlo simile a quello del Figlio di Dio, capace di guardare ogni uomo come fratello e mai come uno scarto. E che vuole senz’altro accompagnarci, con la sua intelligente sapienza, a convertire il nostro stile di vita, a porre i segni profetici che lui desidera per noi personalmente e per la nostra comunità.