Chi si salva?

Commento al Vangelo del 21 agosto 2016.

Per alcune domeniche, nella Messa, ascolteremo brani dell’evangelista Luca tratti da una sequenza (Lc 13,22-14-35) in cui Gesù mette a fuoco il problema della salvezza. Il cuore della questione è riassunto in alcune frasi sintetiche e molto famose: «Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi» (13,30); «Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (14,11); «Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena» (14,24). Gesù spiazza sempre, sempre parla di un rovesciamento dei luoghi comuni. Sempre smaschera le false sicurezze. Ed è molto bello, e consolante, ascoltare direttamente le parole del Maestro, specie laddove si rischia di perdersi in discussioni tra rigoristi e ‘misericordisti’. Gesù parla con chiarezza ed equilibrio. Lui, il più misericordioso nella storia dell’umanità. Lui, il più esigente nella proposta di autenticità per ogni persona.

Tutto parte da una domanda che viene fatta a Gesù, e che potrebbe benissimo uscire oggi dalla nostra bocca: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?» (13,20). Una domanda astratta, generale, teorica. Cui Gesù risponde con un appello esistenziale, personale, rivolto ai suoi interlocutori: voi «sforzatevi di entrare per la porta stretta!» (13,24). L’attenzione è prima di tutto su di me, sul mio cammino, sulla mia situazione quanto alla salvezza, sul mio impegno. Per spiegarsi, Gesù racconta la parabola del padrone di casa (che è Lui, il Figlio, che ha la stessa signoria del Padre) che si alza (l’allusione è alla risurrezione) e stabilisce chi è dentro e chi è fuori. Sono durissime le parole rivolte a chi è fuori: «Non so di dove siete» (ricordano le parole ancora più pesanti del re alle vergini stolte: «Non vi conosco»: cf Mt 25,12). Ed il criterio di giudizio è molto chiaro: «Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!» (13,27). Non può stare alla presenza del Giusto chi è ingiusto. Non è sufficiente una appartenenza esteriore ad un popolo (avere Abramo, Isacco e Giacobbe per antenati). Non è nemmeno sufficiente (e questo Gesù lo dice per i cristiani) avere mangiato e bevuto in sua presenza e aver ascoltato la sua Parola. Una appartenenza formale alla Chiesa non salva. La salvezza è partecipare della giustizia di Gesù. Trattare le persone in modo giusto. Mettere le cose al posto giusto. E chi decide che cosa è giusto? Lo decide il Padre, e non è immediato e scontato che noi sappiamo che cosa Lui pensi: c’è da mettersi umilmente in ascolto. Umilmente e con fiducia, chè il Padre si è sbilanciato sugli uomini rivelando tutto di sè nella Parola e nella Presenza del suo Figlio. È vero che ogni uomo può avvertire nel suo cuore la legge naturale che lo attira al bene e lo distanzia dal male. È vero però (e questo fonda lo slancio missionario dei cristiani), che Dio si è offerto in Gesù Cristo per vivere una amicizia, una comunione nella quale non solo si conosce la giustizia, ma si ha la forza di compierla.