Commento al Vangelo del 15 agosto 2016.
La solennità dell’Assunzione di Maria ci ripresenta con forza il mistero della Pasqua. Vediamo che cosa dice il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 996): «Infine, l’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria col suo corpo e con la sua anima, e dal Signore esaltata come la Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio suo, il Signore dei dominanti, il vincitore del peccato e della morte». In Maria assunta contempliamo la realizzazione piena del progetto di Dio, attuato nella risurrezione del Figlio: fare partecipe ogni uomo, nella interezza della sua persona, della vita definitiva e della comunione della Trinità. Il Padre, che ci ha creato, ci vuole integri con sé per sempre. Ciò che Gesù ha sperimentato nella sua risurrezione (la glorificazione della sua umanità, in un amore che ha sconfitto il peccato, la sofferenza e addirittura la morte), è la primizia della condizione di ogni figlio di Dio. E per aumentare i segni di questo dono, Dio ha voluto anticipare in Maria ciò che sperimenteranno tutti i cristiani.
Celebrare l’assunzione di Maria vuol dire dunque rimettere a fuoco le coordinate della nostra storia quotidiana, alla luce della Pasqua. Significa guardare al passato: al fondamento della nostra felicità (Gesù è risorto per noi, donandoci un amore più forte della morte); significa guardare (con Maria) all’esito definitivo della nostra vita (godere per sempre della gioia di Dio e dell’amicizia tra noi).
Questo dono della risurrezione, poi, non è astratto: nel nostro Battesimo il Signore ci ha già ‘toccato’, ci ha già fatto partecipi, nel corpo e nell’anima, della sua forza d’amore, che ci abilita a ‘camminare in una vita nuova’ (i Padri della Chiesa chiamano il Battesimo la ‘piccola risurrezione’). E continua a toccarci con la Parola e i Sacramenti e la carità dei fratelli.