Diario della GMG – 30 luglio

Giornata Mondiale della Gioventù – Cracovia 2016. 30 luglio.

La giornata inizia con i saluti. A Borzecin, dobbiamo lasciare le famiglie che ci hanno ospitato. Sono passati pochissimi giorni, eppure par di salutare gente che si conosce da anni. Premurose, le famiglie riempiono i nostri zaini di leccornie per il viaggio. Poi ci portano in parrocchia con tutti i bagagli. A qualcuno scappa anche qualche lacrima.

Ormai siamo al compimento della GMG. I pullman ci portano il più vicino possibile al Campus Misericordiae, luogo dell’incontro con il Papa. Ci scaricano in un posto un po’ sperduto e gradevole, tra le antiche e dolci colline nei dintorni di Cracovia, ricoperte di campi e macchie alberate, con le villette in stile polacco quasi incastonate nel paesaggio. Zaini in spalla, assieme ad altri giovani pellegrini, chiacchierando e cantando ci si avvia seguendo le indicazioni per settore C3. Siamo fortunati: è molto vicino al palco e all’altare. È bello non sapere quanto tempo ci vuole. È bello essere in cammino. È bello che molte famiglie polacche siano in strada a salutarci, alcune ad offrirci un po’ d’acqua…

Dopo solo un’ora ci mettiamo in coda per ritirare il pacco dei viveri per questi giorni, distribuito da alcuni militari e volontari. Un’altra ora abbondante ci serve per entrare nel Campus: poche centinaia di metri, gomito a gomito con altri giovani imbottigliati nel sottopasso dell’autostrada e della ferrovia.

Il nostro settore è ancora quasi tutto libero. È vicino al palco, ma di lato. E del palco non si vede un tubo. Ci aiuterà uno dei megaschermi, verso cui ci rivolgiamo, sotto il sole ancora cocente, mitigato però da una brezza quasi da spiaggia. C’è un bel clima. Siamo riusciti finalmente a muoverci insieme come pellegrini di Ferrara. Come in tutte le GMG, in attesa della Veglia di preghiera con il Santo Padre, mentre tutta l’area dell’incontro si riempie inesorabilmente dei gruppi che pian piano vi convergono. Si infittiscono le bandiere, si fanno sempre più rari gli spazi d’erba visibili, si affollano sempre più gli ingressi, si colorano e si popolano i prati. Nei viali tra i settori c’è un brulicare di giovani che in gruppo cercano il loro posto, di altri che gironzolano, dopo averlo trovato. Un esercito di volontari e poliziotti è a disposizione per tenere ordine e indirizzare tutti, con amabile fermezza, mentre dal palco (che noi vediamo ogni tanto nel nostro megaschermo) è una continua proposta d animazione, con canti e preghiere e testimonianze. Ma (almeno lì dove siamo noi) la cosa serve praticamente da rumore di sottofondo…

Il sole s’abbassa all’orizzonte. Le ombre si distendono e scende ormai la sera. E le immagini si fissano sulla papamobile, che, scortata all’inverosimile, entra nel Campus Misericordiae, tra il solito tripudio di mani e di voci e di bandiere.

Inizia la Veglia, con un asciuttissimo segno di croce del Papa. Poi la regia offre un interessante spettacolo teatrale sulle opere di misericordia, fatto di danze e testimonianze (molto toccanti) di scelte di misericordia. Una ragazzo polacca che ha ricominciato a confessarsi dopo anni, una donna siriana che racconta il dramma del vivere in guerra, un uomo sudamericano che ha saputo assumersi le sue responsabilità dopo anni di vita di droga, crimini e carcere… Finalmente prende la parola il Papa. Un discorso abbondante e accattivante. Centrato sui giovani  e le loro difficoltà (le paralisi della paura e dell’imbambolamento sul divano, che tolgono libertà e rendono facilmente manipolabili). Centrato su Gesù Cristo che non smette di amare, di stimare, di coinvolgere. Centrato sulla comunione, la famigliarità, la fraternità. Sulla corresponsabilità per lasciare una impronta nel mondo con la propria persona; sul desiderio del Signore di farci guardare avanti, di essere membra vive della Chiesa… Quanti spunti! Bisogna proprio andare a rileggere integralmente il testo. Un gruppo giovanissimi e di giovani potrebbe starci su parecchie settimane. Come di consueto la veglia si prolunga nella adorazione eucaristica, un bel momento di silenzio e poi la preghiera della coroncina della divina misericordia, dolcemente cantata in lingue diverse. C’è il Signore in mezzo a noi, nel mirabile sacramento dell’eucaristia, centrale atomica del suo amore. C’è un clima molto bello di preghiera. Un silenzio che forse è orante per molti. Accade il miracolo di una infinità di intimi e personali dialoghi di ciascuno con il Signore, mentre il sole lento si nasconde tra le nubi e poi si immerge nella terra lascia il posto a milioni di candeline, messe in mano a ciascun pellegrino, che non avrà più bisogno di luce di lampada nè di luce di sole, quando si lascerà illuminare dall’Agnello che regna per i secoli dei secoli (cf. Ap 21). È anche un effetto scenico molto suggestivo, senz’altro voluto dalla elegante regia della serata.

L’adorazione si prolunga. Il Signore ha tanto desiderio di conversare con loro, di essere riconosciuto e amato, di risvegliare e inviare tutti.

Poco dopo le 21 il Papa se ne va. La spianata dei pellegrini continua ad essere animata da un rumoroso concerto. Anche questo non molto considerato: bisogna attrezzarsi per la notte, bisogna ancora girare per incontrare amici e vedere che si fa in giro, bisogna giocare un poco a carte e fare qualche canto insieme. È molto tardi quando finalmente si fa silenzio sotto le fioche luci delle fotoelettriche.