Lascialo ancora quest’anno

Cartoncino III quaresimaCommento al Vangelo del 28 febbraio 2016.

Nell’Anno della misericordia, anche il brano evangelico di questa domenica ci aiuta ad andare in profondità nel mistero della bontà di Dio per noi (Lc 13,1-19). Un testo in qualche modo molto duro, che piega faticosamente la nostra intelligenza ai pensieri di Dio. Un testo straordinariamente attuale, perché riprende alcune nostre domande radicali e drammatiche sul male e il dolore, sull’opera di Dio nel mondo segnato dalla violenza e dalla fragilità.

Càpitano due fatti di cronaca: alcuni galilei ammazzati da Pilato mentre pregavano nel tempio (erano probabilmente ‘zeloti’ che si ribellavano con violenza al violento potere romano) e diciotto persone morte per il crollo di una torre. Fatti violenti che dipendono dalla cattiveria degli uomini e fatti naturali nei quali gli uomini soccombono… Anche Gesù ‘leggeva i giornali’: il primo episodio gli viene riportato, il secondo lo tira fuori lui. Che dire? Si affollano in noi domande e risposte, perché anche noi leggiamo i giornali. Che fa Dio? Perché se è buono succedono queste cose? Perché le permette? O addirittura le attribuiamo a lui: perché Dio ha fatto questo? Perché mi ha punito?

Gesù risponde a queste domande spiazzandoci: sembra quasi che le eluda. Forse, sulle prime, le sue risposte sembrano addirittura insoddisfacenti… Forse ci fa anche un po’ arrabbiare! Sposta decisamente l’attenzione su un altro piano. Pare che non gli interessi di dire esattamente il perchè del male, il perché dei singoli episodi di male, se sono collegati o no con la malvagità o il peccato. Quel che gli interessa è di farci volare in alto, o di andare in profondità nel nostro cuore. Ci porta, il Signore, al problema vero del senso della nostra esistenza. Che cos’è la vita? Che cos’è la salvezza? Noi usiamo frasi del tipo: ‘il Signore mi ha salvato’, ‘Dio mi ha tenuto in vita’ quando scampiamo da una malattia, da un incidente, da un attentato. Ma Gesù ci dice che questo modo di intendere è proprio piccolo, limitato. La vita, la salvezza è una esperienza molto più grande della vita fisica o dell’esistenza in questo mondo. Il problema vero non è se il nostro corpo è vivo o morto, ma se siamo o non siamo in comunione con Dio! La vita, la salvezza sta nella relazione vivace con Lui che ci cerca. Il problema vero non è se siamo malati o sani (pur essendo importantissima la salute), ma se stiamo nel peccato (la lontananza da Lui che ci porta alla distruzione della nostra persona) o nella conversione (l’avvicinarci a Lui che è fonte di vita e di amore). Per questo Gesù insiste proprio sulla conversione! E ci invita a spendere le nostre energie non solo per scampare al male degli altri o ai disastri della natura, ma soprattutto per cambiare il nostro cuore! Ci invita a riconoscere che nel nostro cuore può albergare il male della mancanza di amicizia con Dio, e quindi l’incapacità di amare i fratelli!

Potremmo pensare che Gesù se ne frega del male che subiamo… ma sappiamo che non è così! Perché sappiamo che la sua personale risposta al male è stata quella di prenderselo addosso. Lui, che certamente non era un peccatore come tutti noi, s’è lasciato inchiodare sulla croce e ha portato via il peccato di tutti noi. E questo gli dà il diritto di parlare autorevolmente: è passato tra le grinfie del male e della morte ed è risorto dai morti perché la morte non poteva tenerlo in suo potere. E l’ha fatto per noi, perché non siamo più sottomessi al peccato e alla morte, ma alla sua misericordia.

La parabola del fico, che subito Gesù racconta, dice proprio questo: siamo nel tempo della misericordia di Dio, che ha mandato il suo figlio non per condannare, ma per salvare. Non per giustiziare, ma per dare vita. Oggi è possibile convertirsi a Lui. Dio ci dà tempo: siamo nell’anno di grazia. Siamo il fico che viene amorevolmente coltivato dal-l’agricoltore. Il Signore viene a cercare i nostri frutti e fa di tutto perché noi portiamo i dolci frutti di una vita nell’amore. Dio fa la sua parte. Faremo la nostra?

 

L’opera di misericordia della settimana:

Sopportare pazientemente le persone moleste

La quinta opera di misericordia spirituale è: “sopportare pazientemente le persone moleste”. Molesto è chi ci è di peso, chi ci risulta importuno, chi ci accolla un peso. Spesso il termine si riferisce a persona sgradevole. Insomma una persona molesta è una persona che mi dà ai nervi con il suo comportamento. Sopportare con pazienza però non significa subire tutto passivamente e sopportare chiunque. Qualche volta è necessario “ammonire” l’altro e fargli notare che con il suo comportamento non si fa degli amici e complica la vita anche a se stesso. Un’altra strada nei confronti delle persone moleste consiste nel prendere le distanze. Soprattutto nel caso delle persone che non accettano limiti è importante insistere sul confine che delimita la nostra sfera personale e proteggersi da chi è incapace di rispettarla. In questi casi il distacco interiore dalla persona è fondamentale per non finire schiacciati dal suo peso.

Nella convivenza in una comunità, in un’azienda, in famiglia, c’è sempre una parte dell’altro che devo sopportare. Non è completamente eliminabile il peso dell’altro, né con un colloquio, né prendendo le distanze, né lottando contro di lui. Una via possibile è appunto sopportare la persona così com’è. Una comunità può sussistere soltanto se i singoli sono disposti a sopportarsi a vicenda. Sopportare le debolezze altrui è sempre segno di forza.

Pazienza e sopportazione sono collegate tra loro. La parola greca pazienza “hypomonè” significa “rimanere al di sotto”, ma allo stesso tempo anche “dimostrare fermezza” nel respingere un attacco. La pazienza non è qualcosa di puramente passivo. Ha la capacità di sostenere l’affronto, senza cedere. Si resiste. Per i primi cristiani era richiesta la pazienza sotto forma di resistenza e perseveranza nelle persecuzioni. Restare saldi. Mostrare capacità di resistenza. Non crollare! Rimanere in piedi, senza lasciarsi piegare. Al fratello molesto, alla sorella fastidiosa è concesso essere come sono, ma non fatevi condizionare da loro. State dalla loro parte, ma non portate per intero il loro peso, perché spetta a loro doverlo portare.

Anche sopportare è qualcosa di attivo. Esige una buona capacità di resistenza. Ha bisogno di allenamento nel mantenere la posizione in maniera corretta. Devo essere in equilibrio per poter sostenere anche quelli che non hanno equilibrio. Non crollerò sotto questo peso. Sussisto in me, rimanendo in Cristo. Portiamo gli altri con la forza di Gesù Cristo. La sopportazione paziente delle persone moleste è senz’altro un opera di misericordia mentale e spirituale, un’opera alimentata dalla forza dello Spirito Santo.