Videro la sua gloria

Cartoncino II di Quaresima 2016Commento al Vangelo del 21 febbraio 2016.

«Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre». Così inizia la Bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia indetto da Papa Francesco e che stiamo cercando di vivere appieno. Il volto di Gesù… noi non lo abbiamo visto con gli occhi della carne. E abbiamo il vivo desiderio di contemplare quel volto bellissimo. Non certo per ragioni estetiche. Gli apostoli l’hanno visto, prima e dopo la risurrezione. Hanno udito la sua voce affabile e forte. Sono stati toccati dalle sue mani delicate. Nel volto, nella persona di Gesù è entrata dentro alla storia, in modo carnale, la viscerale bontà del Padre per ogni uomo. Ma che fatica, anche per gli apostoli, riconoscere che nel volto di Gesù c’era il mistero del Padre, c’era l’appello del Padre all’amore. Che fatica soprattutto a vedere l’amore del Padre nel volto sfigurato del Signore flagellato e crocifisso! Che assurdità.

Ma Gesù è un educatore che non si lascia scoraggiare. Sa bene dove vuole andare e che cosa vuole fare per manifestare la scandalosa bontà di Dio. Dopo un tempo di missione nella Galilea (Gesù ha preferito iniziare dalle periferie), si incammina decisamente verso Gerusalemme e comincia a parlare della sua imminente sofferenza, morte e risurrezione. Prima di iniziare questo viaggio offre a Pietro, Giacomo e Giovanni una esperienza straordinaria, che noi chiamiamo trasfigurazione (Lc 9,28-36). Sul monte, mentre prega, mostra per qualche istante l’impressionante bellezza della sua divinità. Non ci sono parole umane per dirla. Luca annota che «il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante». Quei tre testimoni sono sconvolti: i loro sensi vengono meno (spesso nella Bibbia il ‘sonno’ è il segno del venir meno dell’uomo davanti al mistero enorme di Dio). Ma ricordano che «videro la sua gloria». Nemmeno dopo la risurrezione avrebbero visto Gesù così. L’obiettivo educativo di Gesù è chiaro: prepararli a sopportare lo scandalo della croce. È proprio di questo che Gesù parla con Mosè ed Elia in quel momento misterioso: «del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme». A Gesù interessa compiere l’esodo definitivo: l’uscita dall’Egitto alla terra promessa era un segno in vista dell’uscita del Figlio di Dio dal sepolcro della morte, e della conseguenza uscita dell’uomo dalle tenebre del peccato e della morte per entrare nella gloria, cioè nell’abbraccio d’amore della Trinità. In altri termini, l’esodo dal volto sfigurato a quello glorioso.

Mostrando il suo volto glorioso, Gesù non cerca l’applauso per sè: vuole che noi ci specchiamo in quel volto stupendo, perchè siamo fatti a sua immagine e somiglianza. Quello è il volto ‘normale’ di Gesù e di ciascuno di noi. Ciò che è ‘anormale’, straordinario, è che quel volto divino abbia preso le fattezze umane. Ciò che è sconcertante è che Gesù abbia accettato che il suo bel volto venisse oltraggiato, sputacchiato, picchiato.

Possiamo e dobbiamo specchiarci dunque non solo nel volto glorioso, ma anche nel volto sfigurato di Gesù. Possiamo e dobbiamo ascoltare lui, di cui il Padre dice, proprio sul monte: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».

Ogni uomo è fatto a immagine e somiglianza di quel volto. Se iniziamo a riconoscerci in prima persona in Lui (il Dio che condivide la mia sofferenza e che mi dà grazia di diventare una persona bellissima), rischiamo di cambiare il nostro modo di guardare gli altri, specialmente le persone che soffrono: in essi possiamo intravvedere il volto sfigurato e glorioso del Signore.

L’opera di misericordia della settimana:

Visitare gli ammalati

Papa Francesco ha rivolto queste parole agli ammalati:

«Cari fratelli e sorelle ammalati, non consideratevi solo oggetto di solidarietà e di carità, ma sentitevi inseriti a pieno titolo nella vita e nella missione della Chiesa. Voi avete un vostro posto, un ruolo specifico nella parrocchia e in ogni ambito ecclesiale. La vostra presenza, silenziosa ma più eloquente di tante parole, la vostra preghiera, l’offerta quotidiana delle vostre sofferenze in unione a quelle di Gesù crocifisso per la salvezza del mondo, l’accettazione paziente e anche gioiosa della vostra condizione, sono una risorsa spirituale, un patrimonio per ogni comunità cristiana. Non vergognatevi di essere un tesoro prezioso della Chiesa!»

A quanto pare il precetto di Gesù oggi viene rispettato. Ma la questione è sul come visito gli ammalati. Talvolta si ha l’impressione che sia soltanto un dovere gravoso: si vuole dimostrare la propria preoccupazione e il proprio legame con il malato. Ma è davvero una visita?

Nel significato più profondo, visitare significa avere interesse per l’altro, è cercare intensamente l’altro. Quando faccio visita a qualcuno, lo devo guardare con attenzione. Non lo osservo soltanto esteriormente, ma cerco di guardare dentro di lui, di immedesimarmi in lui. Mi chiedo che pensieri lo attraversano, come stia davvero, mi interesso a lui. Molti visitatori non vogliono affatto vedere come stia davvero l’altro. Soprattutto se il malato è grave, molti vorrebbero mettere subito a tacere le sue allusioni al fatto che le sue condizioni sono serie, rassicurandolo che tutto andrà bene, che presto verrà dimesso dall’ospedale e che si rimetterà completamente. Il malato sa benissimo che non è così.

Nella tradizione ebraica c’è un’indicazione per la visita ai malati: “quando si fa vista a un malato, non ci si sieda sul suo letto. Perché? Perché lì dimora la presenza di Dio, come sta scritto nella Bibbia: Il Signore lo sostiene sul suo letto di malattia”.

Visitare un malato significa guardarlo con gli occhi della fede; così quando lo lascerò, sarà come se lui avesse fatto un dono a me.

La stanza di un malato è un luogo consacrato.

E il malato cosa si aspetta da chi gli fa visita? Soprattutto la preghiera.

Malati nel fisico e malati psichici. Oggi molti soffrono di depressione.

Chi è afflitto da depressione o chi ha vissuto una fase psicotica racconta di sentirsi come un lebbroso: nessuno vuole davvero entrare in contatto con lui.  Visitare significa guardare davvero con attenzione che cosa opprime queste persone. Ma la cosa determinante è con che occhi le guardo. Con gli occhi della fede.