Esercizi spirituali: la gioia

Quinta tappa degli esercizi spirituali guidati da p. Tiziano Pegoraro.

 

Rallegrarsi, esultare, sussultare di gioia… La gioia è una particolarità del vangelo secondo Luca, che usa questi termini in modo particolare, nella prospettiva della salvezza. Non indicano solo i sentimenti, ma il frutto della salvezza: l’uomo si rallegra perché è giunto il tempo della salvezza.

All’inizio: «Vi annuncio una grande gioia, dice l’angelo ai pastori.

Alla fine: Gli apostoli tornarono con grande gioia nel tempio.

Una definizione di San Tommaso: «La gioia è la soddisfazione nel possesso di un bene conosciuto e amato».

Ho desiderato e conosciuto un bene: ho la gioia quando lo possiedo e posso usufruirne.

Questa definizione però parte dall’uomo, e indica un certo soggettivismo: la persona è contenta di possedere un oggetto ricercato e posseduto.

La gioia dei pastori: un dono.

Luca 2,8-14

8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

‘Non temete!’ In tutte le apparizioni la prima reazione dell’uomo è la paura: è di fronte a qualcosa di non conosciuto e grande e incomprensibile.

‘Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo’. C’è qualcosa di più rispetto alla definizione di Tommaso. La gioia è un fatto pubblico, riguarda il popolo di Dio, è di tutti. Il contenuto dell’annuncio è una grande gioia. La gioia è una proposta che viene dall’esterno dell’uomo. La gioia ci viene data, non viene ricercata dall’uomo. Non dice ‘vi annuncio la nascita di Gesù’, ma annuncia il senso di questa nascita, cioè che è una gioia. Il frutto della nascita di Gesù è la gioia.

L’uomo non conosce il bene che gli procura gioia, e questo bene gli è proposto e annunciato. Lo strumento che porta gioia è la nascita di Gesù.

Usciamo dunque dal sentimentalismo e dal soggettivismo: siamo di fronte a un dono di Dio.

Gli apostoli, testimoni della Pasqua, dopo l’ascensione con grande gioia si recano nel tempio: la loro gioia è il frutto della vita con Gesù. E nella relazione con Dio nel tempio ritrovano il nucleo di ciò che hanno vissuto con Gesù.

La gioia è un dono; ne eravamo sprovvisti e Dio ce l’ha data attraverso Gesù.

Torniamo a una considerazione: gli uomini da soli sono privi di gioia. Gli uomini sono nelle tenebre e la gioia non dimora nell’uomo.

Abbiamo visto il figliol prodigo: cercava la libertà, ma si trova in un vortice di sofferenza…

Grandezza della rivelazione e della presenza di Gesù fra di noi!

La letteratura greca e romana attribuiscono la vera gioia solo agli dèi: gli uomini non hanno una vita di beatitudine completa.

Gesù ci dà la completezza dell’essere umano che si esprime nella gioia.

 

La gioia è un bene ‘escatologico’, cioè completo, che si pone al termine dell’opera di Dio.

Nella storia c’è senz’atro un prima e un dopo: la storia della salvezza ha dei percorsi, una ‘economia’. Il culmine dell’opera di Dio è la comunicazione della gioia, il porre gli uomini in una pienezza di vita che provoca la gioia autentica. La pienezza di vita è la comunione con Dio’.

Questo bene escatologico è vissuto qui ed ora, nel momento in cui si accoglie Dio. Accogliendo Dio noi accogliamo il bene culminante di tutta la storia della salvezza. Non lo avremo solo dopo la morte: lo viviamo accogliendo la Parola di Dio e mettendoci nel cammino della salvezza. Chi è salvo è nella gioia.

 

I profeti annunciano la gioia come frutto della misericordia che perdona.

Sofonia 3

14Rallégrati, figlia di Sion,
grida di gioia, Israele,
esulta e acclama con tutto il cuore,
figlia di Gerusalemme!
15Il Signore ha revocato la tua condanna,
ha disperso il tuo nemico.
Re d’Israele è il Signore in mezzo a te,
tu non temerai più alcuna sventura.
16In quel giorno si dirà a Gerusalemme:
«Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!
17Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te
è un salvatore potente.
Gioirà per te,
ti rinnoverà con il suo amore,
esulterà per te con grida di gioia».

Zaccaria 9

9Esulta grandemente, figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina.
10Farà sparire il carro da guerra da Èfraim
e il cavallo da Gerusalemme,
l’arco di guerra sarà spezzato,
annuncerà la pace alle nazioni,
il suo dominio sarà da mare a mare
e dal Fiume fino ai confini della terra.

Gioele 2,21

21Non temere, terra,
ma rallégrati e gioisci,
poiché cose grandi ha fatto il Signore.

La gioia proviene dopo la punizione di Israele, dopo l’esilio, al ritorno in patria. Gerusalemme distrutta avrà la gioia di essere riedificata.

La gioia, per i profeti, è il frutto della liberazione, frutto della misericordia di Dio verso coloro che erano stati ingrati.

Quando Neemia (Ne 8,1-12) riunisce il popolo tornato a Gerusalemme e legge la Scrittura che interpreta l’esilio come conseguenza della disobbedienza, la reazione della gente è di gioia: il ritorno non è stato frutto di battaglie, ma un dono del re Ciro. Il popolo ha ricevuto una grazia. Neemia invita a non piangere sul peccato, ma a rallegrarsi.

Oltre ad essere una rivelazione e un dono, la gioia è ancora più grande perché proviene da un atto di grazia, di misericordia di Dio verso il suo popolo.

Questa è la condizione in cui si esprime la gioia di Israele.

Nel sacramento della Confessione, è importante la consapevolezza di aver offeso Dio, di avere rotto un rapporto con parole e azioni in contrasto con lui. Il nucleo non è non aver messo in pratica una determinata norma, ma essere andati contro la relazione con Dio. Di qui il dolore per il peccato come rottura di una relazione, dolore che è essenziale espressione del pentimento.

Sperimentiamo la gioia quando Dio ci dona gratuitamente di riallacciare la relazione con lui, quando noi riconosciamo l’opera di Dio davanti alle nostre infedeltà.

Non si tratta di dire ‘mi sento nella gioia’, ma bisogna dire ‘mi inserisco nell’opera di Dio e sono gratificato da tutto ciò che essa comporta: la liberazione dal male e la presenza del salvatore!’.

 

Troviamo gli stessi elementi nella figura di Giovanni Battista.

Lc 1, 12-14

Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. 13Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. 14Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, 15perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre 16e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. 17Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».

Anche qui si tratta di una gioia pubblica, non semplicemente individuale.

È attraverso Giovanni che il popolo si prepara a ricevere la gioia e l’esultanza.

Una gioia donata dopo che si riconosce la colpa, nel ritorno a Dio che dona tutti i beni necessari per la vita.

 

La gioia dei discepoli dopo l’ascensione di Gesù.

Lc 24,50-53

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Il motivo della gioia è che i discepoli sono testimoni della opera di salvezza che Gesù ha compiuto. L’ascensione di Gesù non è motivo di sofferenza, ma di gioia. Gesù ha lasciato loro il frutto della sua esistenza: la gioiosa riconciliazione con Dio.

Dove ritrovano e maturano e mantengono la gioia? ‘Stavano sempre nel tempio lodando Dio’: è l’inizio della comunità cristiana che si raduna, nel tempio come luogo della relazione con Dio. Il tempio è la casa di Dio, Dio che dimora nel suo popolo. Il tempio è l’incontro con Dio.

La gioia che sperimentiamo è una partecipazione alla vita di Dio che ci ha salvati dal male.

Nella visitazione (Lc 1,39-56) vediamo un altro aspetto. ‘Il bambino le sussultò nel grembo’. Giovanni sente la voce di Maria e sussulta di gioia.

Elisabetta fu piena di Spirito Santo. È il dono dello Spirito che rende attuale per noi la salvezza!

Un’opera trinitaria! Il Padre è all’inizio di tutto e offre la comunione con lui, Gesù realizza il progetto di Dio, lo Spirito ci comunica quanto Gesù ha compiuto.

 

La beatitudine nella persecuzione (Mt 5,12).

La gioia passa attraverso la sofferenza della persecuzione, ma la sofferenza non è in sè uno strumento, una fonte di gioia. Nella vita umana, però, siamo in difficoltà a proporre i motivi della nostra gioia e ci troviamo nella sofferenza e nella persecuzione, fino al martirio. Nella storia del discepolo, purtroppo, la grande gioia si confronta con la difficoltà di essere manifestata.

Gesù per primo ha sperimentato la fatica di comunicare la luce nelle tenebre che non si aprono e non comprendono l’annuncio della salvezza.

I cristiani devono essere persone di gioia, e non persone meste! (papa Francesco)