Terza tappa degli esercizi spirituali guidati dal p. Tiziano Pegoraro.
Il buon samaritano è l’emblema della misericordia.
Il contesto: questo brano sembra slegato dal contesto del racconto di Luca. È al termine della missione dei 72: tornati, raccontano quel che hanno vissuto e Gesù pronunzia l’inno di lode e di ringraziamento perché il vangelo è accolto dai piccoli. Sembra che la missione termini e poi c’è questo brano del buon samaritano, seguito dall’episodio in casa di Marta e Maria. Qual è il motivo? La missione dei discepoli (di ogni discepolo) deve essere contrassegnata dalla misericordia e dall’ascolto della parola di Dio! Non è dunque un raccontino moralistico, ma l’indicazione che la struttura della missione è segnata da queste due caratteristiche.
I discepoli di cui si parla qui non sono solamente i Dodici. Vedi Lc 9,52: Gesù inizia il percorso che lo porterà a Gerusalemme, a compiere la volontà del Padre. Gesù desidera profondamente andare a Gerusalemme (‘indurì il volto’) e in questo contesto sceglie ‘altri 72 discepoli’. Rappresentano la comunità dei discepoli di Gesù nella sua totalità. Tutti i discepoli di Gesù sono destinati alla missione dell’annuncio del vangelo, che si fa ovunque vivono i discepoli, e non solo nella missione ad gentes. La missione è connaturale alla Chiesa e la comunità si esprime all’esterno. Papa Francesco parla della Chiesa in uscita.
Lc 10,25-37
25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
La preghiera quotidiana dell’ebreo contiene la citazione di Dt 6,4: «Ascolta Israele, amerai il Signore tuo Dio…».
Si aggiunge la citazione di Lv 19,18: «Amerai il prossimo come te stesso».
La legge è ciò che Mosè ci ha dato, ciò che Dio vuole: la centralità dell’amore a Lui e al prossimo.
Il ‘prossimo’ per gli ebrei sono soltanto gli Ebrei, coloro che appartengono al Popolo, o al massimo i proseliti: gli stranieri che si sono convertiti. È una relazione interna ad Israele.
Il popolo era però diviso in gruppi e si discuteva su ‘chi è colui che è vicino’ (il ‘prossimo’).
Bisogna notare l’importanza della osservanza della Legge per un ebreo: se non osservi tutte le leggi, le offerte e i sacrifici non servono a niente, non sono graditi a Dio.
In Mt è un maestro della legge che pone la domanda a Gesù, il quale risponde rendendo una cosa sola i due precetti di amare Dio e amare il prossimo come se stessi.
Era importantissimo per un ebreo capire qual era il precetto più grande, che rendeva valide poi tutte le altre azioni.
Gesù risponde con questa parabola straordinaria.
Gerico è sotto il livello del mare. Gerusalemme a circa 800 mt. Una strada ripida e tortuosa unisce le due città.
Il sacerdote che vede l’uomo incappato nei briganti non solo ‘passa oltre’, ma ‘cambia direzione’, fa finta di non vederlo, va dall’altra parte della strada, evita quell’uomo per non contaminarsi.
Anche il levita fa la stessa cosa. Finito il suo turno di servizio sta tornando a casa, tranquillo, non vuole prendersi delle brighe.
Il samaritano invece è in viaggio, con tutti i suoi interessi e le sue preoccupazioni.
Vede e ha compassione. Il verbo è quello che indica una forte tensione d’amore, come quello della madre verso il proprio figlio. Un amore viscerale. Non è solo un sentimento: porta immediatamente all’azione. Questo verbo (gr. splagchnizomai) è quello attribuito a Gesù (quando vede le folle stanche e senza pastore: Mt 9,36, 14,14, 15,32; Mc 6,34, 8,2; o quando vede i due ciechi a Gerico in Mt 20,34, o quando vede il lebbroso in Mc 1,41, o prima di risuscitare il figlio della vedova di Nain in Lc 7,13) o ai personaggi delle parabole che rappresentano Dio (il re nella parabola del servo spietato in Mt 18,27, il padre misericordioso in Lc 15,20). È la compassione di Dio verso l’uomo, una compassione che lo porta ad agire. La grande compassione di Dio verso di noi è quella che lo ha portato ad agire inviando il Figlio. Un dono totale (vedi l’esperienza di Abramo che dona il figlio Isacco).
Dio manifesta il suo amore con l’annuncio della Parola! La predicazione di Gesù è infatti preceduta dalla sua compassione verso le folle.
Questo samaritano rappresenta la forma più grande di amore: un amore viscerale che si spende mettendosi al servizio.
È un samaritano! Uno straniero riesce ad avere quella compassione che dovrebbe essere propria di Israele. Coloro che servono Dio nel tempio (il sacerdote e il levita) mancano di questa compassione! Questa compassione non proviene dal culto, dalla vicinanza fisica al tempio. La compassione ha un’altra origine: sentirsi prossimo! Sei tu stesso il prossimo! Mentre il fariseo chiedeva: ‘chi è il mio prossimo’, Gesù capovolge: ‘chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo?’. Il ‘prossimo’ non è una categoria di persone: sei tu che ti fai vicino! E ti fai vicino addirittura a un samaritano, che non è solo uno straniero, ma come un nemico (cf l’episodio del 7/8 d.C.: i samaritani riempirono l’atrio del tempio di ossa umane, profanando il tempio). Questo ‘nemico’ è colui che si fa prossimo!
La compassione è una azione d’amore che non ha confini. È un amore che si esprime, che vuole esprimersi.
Dio ci ama perché esprime se stesso per quello che è: amore! Non fa semplicemente delle opere buone, ma esprime ciò che lui è!
L’amore non ha nessun perché, non si chiede ‘chi me lo fa fare’, non tiene conto delle conseguenze: il samaritano spende tempo e denaro per quell’uomo.
Il rischio dell’amore! Chi ama non programma. Dà tutto.
Questo farsi prossimo è la caratteristica del discepolo-misionario. Non puoi diventare veramente discepolo e missionario, propagatore del vangelo, se non vivi la compassione.
Si tratta di condividere i sentimenti di Gesù e di Dio Padre!
Qual è il più grande dei comandamenti? Ama Dio e il prossimo. Ma il problema è amare il prossimo! Questo è il più grande dei comandamenti. L’amore solo a Dio è incompleto, non esiste se non è unito all’amore per il prossimo. Il vero problema dell’amore verso Dio è amare il prossimo, essere prossimo, farsi prossimo agli altri!
Ambrogio: «Non il sangue, ma la compassione crea il prossimo!».