Commento al Vangelo del 14 febbraio 2016.
La Misericordia del Padre si è manifestata nel ‘volto’ di Gesù. Tutta la vita del Signore mostra il cuore misericordioso di Dio: cioè la sua premura per noi, miseri, che gli stiamo veramente a cuore.
Nel vangelo di questa prima domenica di Quaresima contempliamo questa misericordia nel Signore Gesù che accetta di sperimentare la nostra tentazione (Lc 4,1-13). Tutta la Trinità è coinvolta in questa ‘prova’ cui Gesù si sottopone: lo Spirito Santo che lo guida «nel deserto, per quaranta giorni», nei quali è «tentato dal diavolo». E il Padre è il suo riferimento. Dentro alla prova, il segreto di Gesù è quello di vivere da Figlio, di lasciarsi definire dal Padre, di essere interessato solo a quel che il Padre pensa di lui e dice a lui.
Questa prova di Gesù è molto importante: ci aiuta, all’inizio della Quaresima, a riflettere sul peccato che ci attanaglia. Non solo sui peccati, ma sui meccanismi che stanno sotto, che stanno dentro di noi e che danno origine ai singoli peccati. Non si limita, Gesù, a darci dei buoni consigli. Si immerge profondamente in questi meccanismi, che hanno a che fare con l’orgogliosa disobbedienza al Padre, con la pretesa di conoscere il bene e il male, cioè di decidere, autonomamente da Lui, che cosa è giusto e che cosa è sbagliato.
Da dove viene questa disobbedienza? Dietro alle proposte del diavolo, c’è una immagine distorta di Dio, che non è riconosciuto come Padre, ma è visto come un Dio geloso della sua onnipotenza o un Dio da strumentalizzare per i propri interessi. Se non riconosco Dio come Padre, come il mio creatore che mi vuole bene, allora mi sgancio da lui, mi illudo di essere io il creatore di me stesso, mi voglio mettere al suo posto e voglio mettere lui al mio servizio. Dietro ogni peccato c’è questa pretesa di essere come Dio!
Il fatto è che noi abbiamo un bisogno infinitamente profondo di essere amati e di amare. Le risposte a questo bisogno sono fondamentalmente due. Quella del diavolo e quella di Dio.
Quella del diavolo è di soddisfare il bisogno di essere amati con il potere, l’avere il successo. Di essere saziati con le cose o strumentalizzando le persone. Tentazione terribile e sempre presente: «Trasforma queste pietre in pane! … Tutto sarà tuo! … Gettati giù di qui, tanto gli angeli ti custodiranno».
La risposta di Dio è un’altra! Lo vediamo in Gesù: è la comunione d’amore con il Padre! Il diavolo offre delle cose, Dio offre una relazione. Gesù non ha bisogno di fondare la sua sicurezza sulle cose: è sicuro dell’amore incrollabile del Padre e si nutre della sua Parola. Gesù non ha bisogno di mettere alla prova il Padre: sa benissimo e sperimenta immediatamente e serenamente il suo amore. Gesù non ha bisogno del consenso degli altri, non ha bisogno di idolatrare nessuno: gli interessa solo amare il Padre che si compiace di Lui, e non è disposto ad adorare nessun altro!
È straordinario vedere l’immediatezza delle reazioni di Gesù davanti alle tentazioni. È affascinante, specie se pensiamo alla nostra fatica, alla nostra confusione mentale, alla debolezza della nostra volontà. Dobbiamo ricordare quel che S. Agostino afferma in modo molto bello: «Cristo viene tentato perché il cristiano non sia vinto dal tentatore. Lui, il maestro, ha voluto subire ogni sorta di tentazioni perché anche noi siamo tentati; così come ha voluto morire perché noi moriamo; ha voluto risorgere perché noi risorgeremo» (Disc. 2, sul Salmo 90). Dobbiamo dunque imparare da Gesù:
– ad affrontare le tentazioni, le prove della vita ricordandoci che siamo figli amati;
– a ricorrere sempre alla Parola di Dio: Gesù risponde «Sta scritto». Più meditiamo la Parola (la Bibbia e in particolare i vangeli), più abbiamo dentro i pensieri di Dio Padre per giudicare come lui quel che è bene e quel che è male.
– a ricorrere sempre al consiglio delle persone sagge che Dio Padre ci ha messo accanto: famigliari e amici.
L’opera di misericordia della settimana:
Consigliare i dubbiosi
… e farsi consigliare
Il dubbio fa parte della vita.
Il dubbio serve alla ricerca della verità.
Il dubbio rende umano l’uomo: finché dubita si mette in cammino, continua a cercare la verità e la vita.
I dubbi ci spingono a continuare a interrogarci e a non accontentarci di risposte a buon mercato.
Non sono tenuto a consigliare immediatamente il dubbioso. Devo prima parlare con lui, ascoltare i suoi dubbi e poi cercare di formulare la risposta che affiora dentro di me. Il dubbio altrui sfida anche me perché mi obbliga a guardare con più attenzione che cosa mi sostiene e quale possibilità sarebbe quella giusta per me.
Consigliare i dubbiosi significa dir loro ciò che sarebbe d’aiuto a me, come deciderei io al loro posto. A chi cerca un consiglio lasciamo la libertà di scegliere fra le mie parole, ciò che va bene a lui.
Il dubbio fa parte anche della fede.
Il dubbio di fede mi impedisce di cullarmi nella sicurezza e mi impedisce di considerarmi superiore agli altri. Inoltre ci obbliga a distinguere tra le immagini che ci siamo fatti di Dio e il vero Dio.
Molti santi hanno vissuto dubbi di fede. In epoca recente ricordiamo madre Teresa di Calcutta; sebbene fosse sempre sorridente aveva dei profondi dubbi di fede. Ma il suo dubbio è stato la condizione perché si dedicasse alla gente e la comprendesse.
I dubbi ci portano alla solidarietà con le persone.
Prima di consigliare i dubbiosi devo dare a me stesso una risposta soddisfacente ai miei dubbi.
Consigliare significa preoccuparsi dell’altro, riflettere su che cosa serva alla sua vita, preparare delle parole che lo aiutino a superare la situazione in cui è finito.