Lectio Divina sul Vangelo secondo Luca: 3

In questo anno pastorale 2015/2016 ci sentiamo chiamati a camminare alla presenza del Signore: ci aiuta l’esperienza dei primi discepoli di Gesù, che contempliamo meditando il racconto dell’evangelista Luca. Come fa il bue (simbolo dell’evangelista Luca), ruminando la Parola di Gesù (il leone), il discepolo peccatore e disordinato è trasformato e salvato.

Gli spunti qui riportati sono la sintesi della condivisione tra i partecipanti alla lectio divina di domenica 10 gennaio 2015 su Lc 2,39-52, offerti a tutta la comunità. Tutti sono invitati a trovare un momento personale o famigliare per la lettura e la preghiera.

Le precedenti meditazioni:

Luca 1,5-25 L’annuncio a Zaccaria

Luca 1,1-4 La solidità delle parole

 

2,39-52.  Nelle cose del Padre mio bisogna che io sia

39 E quando ebbero finito

quanto è secondo la legge del Signore,

ritornarono nella Galilea

nella loro città, Nazareth.

40 Ora il bambino cresceva

e si fortificava

riempiendosi di sapienza

e la grazia di Dio

era su di lui.

41 E andavano i suoi genitori

ogni anno a Gerusalemme

nella festa di Pasqua.

42 E quando fu di dodici anni,

saliti essi

secondo l’uso della festa

43 e finiti i giorni,

mentre essi ritornavano,

resistette Gesù

il figlio/servo

a Gerusalemme

e non seppero i suoi genitori.

44 Ora, pensando che egli fosse

nel cammino con gli altri,

fecero il cammino d’un giorno

e lo cercavano tra parenti e conoscenti;

45 e, non trovatolo,

ritornarono a Gerusalemme,

cercandolo.

46 E avvenne

dopo tre giorni

che lo trovarono nel santuario

seduto in mezzo ai maestri

e li ascoltava

e li interrogava.

47 Ora erano fuori di sé tutti

quanti lo udivano

per la intelligenza e le sue risposte.

48 E vistolo, furono colpiti

e disse a lui sua madre:

Figlio,

perché facesti a noi così?

Ecco:

il padre tuo e io

travagliati ti cercavamo.

49 E disse a loro:

Perché dunque mi cercavate?

Non sapevate che

nelle cose del Padre mio

bisogna che io sia?

50 Ed essi non compresero

la parola che disse loro.

51 E discese con loro

e andò a Nazareth

ed era subordinato a loro.

E sua madre conservava

tutte le parole nel suo cuore.

52 E Gesù progrediva

in sapienza

e in statura

e in grazia

presso Dio e uomini.

Alcuni punti per la meditazione personale

Luca conclude il vangelo dell’infanzia con questo racconto, pieno di contrasti, che apre a tutto il cammino di Gesù verso Gerusalemme, verso la passione, morte e risurrezione e che è rivelazione della novità di Gesù, compimento delle promesse antiche, vera sapienza di Dio.

  1. A Nazareth Gesù rimane per trent’anni dopo aver finito ciò che si deve fare per la legge. Nazareth è il luogo della rivelazione del Dio incarnato, che impara la vita degli uomini in tutto e riscatta ogni quotidianità.

41-42. Andavano a Gerusalemme. La vita di Gesù è un cammino verso Gerusalemme. Qui ci va per la prima volta  da ‘adulto’, da ‘figlio del comandamento’ (bar mitzva), vero ascoltatore della Parola. Una grande festa, una cosa meravigliosa. Davanti al muro del tempio ci si raduna, si canta, si balla…

  1. Rimase a Gerusalemme. Anticipa che lui diventerà la vera Gerusalemme, luogo dell’incontro con Dio, con la sua risurrezione. Gli altri se ne vanno, come i due di Emmaus… Lui è il figlio, ma anche il servo (gr. pais) obbediente alla Parola.
  2. Lo cercavano. Come lo avrebbero cercato le donne, senza trovarlo (cf. cap. 24). Gesù non è nello stesso ‘sinodo’ dei parenti (che sono coloro che ascoltano la Parola: 8,21) e dei conoscenti (ai quali è nascosto il mistero del regno: 10,21).

Non trovare è una esperienza molto comune fra le persone che conosciamo, di parrocchia e soprattutto non! Soprattutto davanti ai drammi del mondo, non si trova Dio. Si dice: «Dio non c’è!»

  1. Non trovatolo, tornarono. Bisogna ritornare a Gerusalemme, cambiare cammino, convertirsi al cammino di Gesù, alla sua Pasqua accaduta a Gerusalemme.

Questo cercare Gesù fa venire in mente la ricerca affannata dello sposo del Cantico dei Cantici…

  1. Dopo tre giorni, come avverrà a Pasqua, lo trovarono nel santuario. È lui il nuovo tempio: il Maestro risorto, seduto ad interrogare e rispondere sulla Parola di Dio dell’AT.
  2. La sua sapienza/intelligenza (cf. 39 e 52) stupisce tutti (come rimasero fuori di sè i discepoli all’annuncio delle donne: 24,22): è la sapienza dell’amore crocifisso, assurda per gli uomini… non è sapiente un ragazzo che si perde… ma qui Gesù sembra voglia dare una dimostrazione ai professoroni del tempo. Pare voglia dare loro una lezione di una sapienza anormale: doveva essere veramente eccezionale per essere ascoltato dai maestri al tempio. Quasi una ‘violenza’ nei loro confronti.
  3. Perchè ci hai fatto questo? Maria, umanissima, dice la meraviglia sua e di Giuseppe, la ricerca, l’angoscia di tutti… Possiamo pensare alle tante esperienze in cui abbiamo percepito la preoccupazione dei nostri genitori per noi. O, come genitori, ai momenti di più forte preoccupazione per i figli…
  4. Perchè mi cercavate? Non sapevate che nelle cose del Padre mio bisogna che io sia? Nelle sue prime parole, Gesù cita il Padre (e nelle ultime: 23,46). Svela a Maria e Giuseppe il mistero della Trinità: solo dalla autocoscienza di Gesù (vero Dio e vero uomo) si comunica ciò che sappiamo di Dio!

Bisogna: è un verbo importantissimo, sempre usato da Gesù in riferimento alla Pasqua (9,22; 13,33; 17,25; 19,5; 22,37; 24,7.26.44): fa riferimento ad una necessità interiore che il Signore vive, a una urgenza infinita di amare, a una sapienza nuova e stringente, quella di servire fino a  dare la vita…

La strada per trovare Dio la sappiamo: è Gesù. È Lui che ci porta a Dio, svelato come un Padre. Se non si passa per Gesù non si riesce a capire chi è Dio Padre, e che Dio Padre c’è nella nostra vita! La nostra conoscenza è ancora superficiale e approssimativa, ma siamo sulla strada giusta, che è Gesù.

50-52. Non compresero. Come i discepoli all’annuncio della passione: cf 9,45. Anche la fede di Maria e Giuseppe comprende il cammino di ricerca in ascolto della Parola. Il vangelo dice con tranquillità che non hanno capito tutto e subito. La santità sta nell’essere discepoli aperti e obbedienti, e Maria è maestra nel custodire attraverso il tempo (in greco: dia-terein) la Parola…

Come genitori o educatori, leggere e meditare e custodire il vangelo è importante poi quando ci si trova davanti a giovani che fanno domande particolari. Le pagine della Bibbia, che raccontano le storie umane più complicate, aiutano a riconoscere in ogni evento la possibilità di mettersi davanti alla presenza di Dio.

Gesù rimane sottomesso e cresce: umiltà del Figlio incarnato!

 

Dai “Discorsi” di S. Agostino Vescovo (51,12.20)

Cristo è figlio, ma anche Signore di Davide

12. 20. Vedete dunque, fratelli, che Cristo, dicendo: “Occorre che mi occupi delle cose del Padre mio”, non voleva che noi intendessimo le sue parole presso a poco in questo senso: “Voi non siete miei genitori”, ma nel senso ch’essi erano genitori nel tempo, il Padre invece da tutta l’eternità. Quelli erano genitori del Figlio dell’uomo, il Padre invece lo era del proprio Verbo e Sapienza, era Padre della sua Potenza, grazie alla quale ha creato tutte le cose. Se tutte le cose sono create dalla Potenza che si estende da un’estremità all’altra del mondo con forza e regge l’universo con bontà, per mezzo del Figlio di Dio furono creati anche coloro, ai quali egli medesimo si sarebbe sottomesso come figlio dell’uomo. L’Apostolo inoltre lo chiama figlio di Davide: Il quale – dice – gli è nato dalla stirpe di Davide secondo la carne. Tuttavia lo stesso Signore propone ai giudei la questione che l’Apostolo risolve con queste stesse parole. Infatti, avendo detto: Nato dalla stirpe di Davide, aggiunge: secondo la carne, appunto per far intendere che, per quanto riguarda la divinità, non è figlio di Davide ma Figlio di Dio e Signore di Davide. (…) In quanto nato secondo la carne, era “figlio di Davide”; in quanto esistente al di sopra d’ogni cosa, Dio benedetto per i secoli, era il “Signore di Davide”. Il Signore dunque chiese ai giudei: Di chi voi dite sia figlio il Cristo? Gli risposero: Di Davide. Questo in realtà essi lo sapevano, perché facilmente lo capivano da quanto avevano preannunciato i Profeti. Effettivamente egli era figlio di Davide, ma solo secondo la carne, tramite la Vergine Maria, promessa sposa di Giuseppe. Poiché dunque i giudei avevano risposto che il Cristo era discendente di Davide, Gesù chiese loro: Come mai allora Davide, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, lo chiama Signore, dicendo: “Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra finché io non porrò i tuoi nemici sotto i tuoi piedi”? Se dunque Davide per ispirazione divina lo chiama Signore, come mai può essere suo figlio? Ma i giudei non furono in grado di rispondergli. Così troviamo nel Vangelo. Egli non negò d’essere figlio di Davide, ma non volle che ignorassero ch’era il Signore di Davide. I giudei infatti riguardo al Cristo pensavano ch’era un uomo nato in un dato tempo, ma non capivano ch’egli esiste dall’eternità. Ecco perché, volendoli istruire sulla propria natura divina, pose loro il quesito sulla propria natura umana, come se dicesse loro: “Voi sapete che il Cristo è discendente di Davide; rispondetemi come mai è anche il Signore di Davide”. Ma perché non rispondessero: “Non è il Signore di Davide”, addusse come testimone lo stesso Davide. E che cosa dice Davide? Dice appunto la verità. Nei salmi infatti si trova che Dio fa a Davide anche la promessa: Porrò sul tuo trono uno dei tuoi figli. Ecco il figlio di Davide. In qual modo è anche “Signore di Davide” colui ch’è figlio di Davide? Il Signore – è detto – dice al mio Signore: “Siedi alla mia destra”. (…). Egli è allo stesso tempo Signore e figlio: è Signore di Davide egli che, pur essendo Dio per natura, non reputò un tesoro geloso essere uguale a Dio; è invece figlio di Davide, perché spogliò se stesso prendendo la natura di servo.

 

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