Commento al Vangelo del 22 novembre 2015.
Il tempo liturgico ordinario si conclude con la solennità di Cristo Re dell’Universo. Tutto il cammino che la Chiesa ci ha fatto sperimentare anche in questo anno nella scuola della liturgia tende a farci contemplare Gesù come il Signore della nostra vita e della storia. E a riconoscerlo concretamente come Colui al quale possiamo affidare la nostra esistenza.
Conflitto di potere. Ci aiuta oggi l’evangelista Giovanni (18,33-38), che racconta del dialogo tra Gesù e Pilato. Un dialogo strano, enigmatico, tra due persone che concepiscono il potere in modo radicalmente diverso. Pilato era governatore della Giudea per conto dell’imperatore dei romani, che da alcuni decenni avevano conquistato la Terra di Israele: con il suo pugno di ferro cercava di tenere in ordine la situazione. La sua prima preoccupazione, nei confronti di Gesù, è di verificare se si trova davanti a uno che vuole fare le scarpe all’imperatore imponendosi come re politico. Gesù, con una libertà straordinaria, risponde con una domanda che fa irritare il ‘potente’ Pilato: «Dici questo da te o altri ti hanno parlato di me?». Cioè: fai riferimento alla tua idea di re (una potenza politica) o all’idea dei sommi sacerdoti (un re-messia mandato da Dio a liberare Israele)? Stizzito, Pilato prende le distanze: «Sono for- se io Giudeo?…», e cerca di andare pragmaticamente al sodo: «Che cosa hai fatto?». Non gli interessano le questioni religiose o filosofiche. A Gesù invece interessa rivela- re la propria identità e la propria originale regalità. Teniamo presente che Gesù è lì incatenato davanti a Pilato, sen- za nessuna difesa, abbandonato da tutti i suoi ‘amici’…
Non da questo mondo. Il Signore fa anzitutto una precisazione negativa: «Il mio regno non è da questo mondo… non è di quaggiù». Importantissimo: se Gesù ha un qual- che potere, non gli è certo conferito dagli uomini. E il regno che viene nella sua persona è veramente immerso in questo mondo, ma non ha origine da esso. Nella storia, questa frase è stata interpretata male: si è ritenuto che Gesù volesse affermare una estraneità totale del suo regno rispetto al mondo, una consistenza solo spirituale o celeste del suo potere. È una tentazione anche oggi per i cristiani: pensare che la fede sia una cosa solamente astratta e che non abbia nulla da dire sulla storia e sulle vicende umane, sociali, politiche.
Chi è e che potere ha Gesù. Gesù afferma e vive ben altro! E lo precisa in una seconda serie di affermazioni, dopo la insistente domanda di Pilato, ancora preoccupato per il fatto che Gesù si consideri un re: «Dunque tu sei re?». È di grande finezza la risposta di Gesù: «Tu dici che io sono re». È vero: Gesù è un re, ma non nel senso in cui lo dice Pilato. E spiega: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità». È una autopresentazione stupenda di Gesù. Dice la sua origine divina. Dice la sua vera natura umana. Sembra di risentire quella sublime parola del prologo di Giovanni: «Il Verbo si fece carne» (1,14). E dice il senso della sua venuta: affermare la verità. Purtroppo il nostro concetto di verità (l’accertamento dei fatti, l’adegua- mento dell’intelletto alla realtà) non è sufficiente per capire Gesù. Bisogna ricordare che nella Bibbia, la verità è la manifestazione del disegno di Dio. La verità è che Gesù è il Figlio di Dio, mandato a salvare tutti gli uomini, cioè a introdurli nell’abbraccio del Padre, perché anch’essi sono suoi figli. Non si tratta di una fredda constatazione di co- se, ma di un coinvolgimento in una avventura d’amore. La verità è una grazia, un dono, che solo Gesù possiede. Egli infatti è pieno della grazia della verità (Gv 1,14.17). Il potere che Gesù esercita è quello di far diventare gli uomini figli di Dio (cf. Gv 1,12), di introdurli nella comunione con Dio.
Chi sono i ‘sudditi’ di Gesù. A Pilato continua a dire: «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Sta parlando dei suoi ‘sudditi’. Non è un re che si impone, che incatena, che opprime, che obbliga. È un re che si offre con la potenza del suo amore (la verità!) e che fa rinasce- re gli uomini a vita nuova e buona in questa relazione con il Padre attraverso di Lui. Essere dalla verità significa decidere di lasciarsi definire da Lui, nutrirsi della sua Parola, decidere tutto con Lui. Quando accetto che la verità della mia vita è stare dentro a questa relazione, allora sono nel regno di Gesù, mi lascio governare da lui. Allora ascolto la sua voce che guida i passi della mia esistenza. Allora, con i fratelli che ci stanno, sono fermento di vita nuova dentro a questo mondo! Non a partire dall’organizzazione o dalle strutture di potere, ma immergendomi, con il mio Re e con la forza del suo Spirito, nelle pieghe anche le più drammatiche della storia, animato dalla logica nuova del servizio e dal potere scandaloso dell’amore che perdona.